Page 30 - La grandezza dell'anima
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dove essi non sono.
E. - Ho concesso le premesse perché mi sembrava assurdo
                  non  concederle.  Ma  la  conclusione  che  ne  è  derivata  è  tanto  più  assurda  che
                  preferisco  avere  ammesso  pregiudizialmente  qualche  premessa,  anziché
                  passare come vera la conclusione. Neanche addormentato oserei dire che i miei
                  occhi  percepiscono  dove  essi  non  sono.
A.  -  Vedi  dunque  un  po'  dove  ti  sei
                  addormentato. Alla fin fine che cosa ti sarebbe sfuggito pregiudizialmente se,
                  come  dianzi,  avessi  tenuto  gli  occhi  aperti?
E.  -  Sto  appunto  riflettendo
                  insistentemente sull'argomentazione. Ma non mi appare ancora un punto, sulla
                  cui  ammissione  debba  ritrattarmi,  salvo  forse  quello  che  i  nostri  occhi
                  percepiscono, quando vediamo. Forse è la vista stessa che percepisce.
A. - Sì, è
                  quello. È la vista appunto che si protende al di fuori e mediante gli occhi spazia
                  per ogni dove le è possibile scorgere l'oggetto visibile. Ne consegue che vede
                  piuttosto là dove è l'oggetto visibile, e non là, da dove si muove per vedere. Tu
                  dunque nel vedermi non mi vedi?
E. - Non si è tanto pazzi da affermarlo. Io
                  vedo certamente, ma vedo con la vista che spazia mediante gli occhi.
A. - Ma se
                  vedi, percepisci sensibilmente, e se percepisci, sei modificato e non puoi essere
                  modificato dove non sei. Tu però mi vedi dove sono io, sei modificato dunque
                  dove sono io. Ma se dove sono io, tu non sei, non so proprio come ti azzardi a
                  dire che mi vedi.
E. - Vedo dove sei con la vista, direi, che si protende nello
                  spazio, in cui sei tu, ma concedo che io non vi sono. Se io ti toccassi con una
                  verga, ti toccherei certamente e lo percepirei, sebbene io non sia dove ti tocco.
                  Così è per il caso che ti vedo con la vista, sebbene io non sia dove vedo, ma non
                  per questo sono costretto ad ammettere che non sono io a vedere.


                  ...non condizionata allo spazio.



                  23. 44. A. - Dunque non hai concesso nulla pregiudizialmente. Si possono con
                  tale  esempio  giustificare  gli  occhi  perché,  come  dici,  di  essi  la  vista  è  quasi
                  verga. E non è assurda la conclusione che i tuoi occhi vedano dove non sono. La
                  pensi  diversamente?
E.  -  È  certamente  come  tu  dici.  Proprio  adesso  sto
                  riflettendo  che  se  gli  occhi  vedessero  dove  essi  sono,  vedrebbero  anche  se
                  stessi.
A. - Faresti meglio a non dire " anche se stessi ", ma " soltanto se stessi ".
                  Essi sono soli dove sono, cioè soli occupano lo spazio che occupano. Dove sono
                  essi, non v'è il naso o altra parte loro vicina. Altrimenti anche tu saresti dove
                  sono  io,  poiché  siamo  vicini  l'un  l'altro.  Stando  così  le  cose,  se  gli  occhi
                  vedessero  soltanto  dove  sono,  non  vedrebbero  altro  che  se  stessi.  Ma  poiché
                  non vedono se stessi, non solo siamo costretti ad ammettere che possono vedere
                  dove  non  sono,  ma  che  lo  possono  soltanto  dove  non  sono.
E.  -  Nella
                  dimostrazione non v'è un punto che mi consenta di dubitare.
A. - Dunque non
                  hai motivi da dubitare che subiscano modificazione dove non sono. Infatti dove
                  vedono,  percepiscono,  poiché vedere  è  in sé  percepire, ma percepire  è subire
                  modificazione.  Pertanto subiscono  modificazione  dove percepiscono.  Vedono,
                  cioè,  in  un  luogo  diverso  da  quello  in  cui  sono;  dunque  subiscono
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