Page 13 - La Felicità
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non pare affatto che sia felice chi non possiede l’oggetto del suo desiderio”. “Ne
conseguirebbe, le risposi, che non necessariamente è felice chi ha Dio propizio”. “Se il
rigore della logica, soggiunse, postula tale conclusione, m’è impossibile escluderla”. “Si
avrà pertanto, conclusi, la seguente classificazione: chi ha trovato Dio e lo ha propizio è
felice; chi cerca e lo ha propizio non è ancora felice; chi infine con vizi e colpe si rende
estraneo a Dio, non solo non è felice ma non vive neppure nel favore di Dio”.
L’aporia: avere Dio propizio e non esser felici.
3. 22. Le mie parole furono approvate da tutti. “D’accordo, dissi; temo tuttavia che non vi
convinca il motivo dianzi da noi accettato e cioè che sarebbe infelice chi non fosse felice.
Ne conseguirebbe che è infelice l’uomo che ha [Dio propizio e non è felice appunto
perché, come abbiamo detto, ancora cerca Dio]. Ovvero, come dice Tullio, dovremmo
reputare ricchi i possessori di molti fondi e poveri i possessori di tutte le virtù? (Cicerone,
Hort. framm. 104). Ma considerate se è vero il principio che come chi soggiace alla
privazione è infelice, così sia vero che chi è infelice soggiace alla privazione. Di
conseguenza sarebbe vera l’opinione da me approvata, mentre veniva dichiarato, come
avete udito, che l’infelicità non è altro che soggezione alla privazione. Sarebbe lungo
trattare l’argomento oggi e per questo chiedo che non vi dispiaccia di partecipare anche
domani a questo convito”. E poiché tutti affermarono di gradirlo assai, ci alzammo.
Pienezza e misura (4, 23 - 36)
Problematicità del concetto di privazione.
4. 23. Al terzo giorno della nostra disputa, di mattino, si dissipò la nebbia che ci
costringeva ad adunarci nella sala delle terme e si ebbe un limpido pomeriggio. Ci fece
piacere quindi scendere nel prato vicino. Ci sedemmo, ciascuno nel luogo che sembrò più
comodo. Quindi fu continuata la disputa nei termini seguenti. “Conservo e ritengo valido,
cominciai, quasi tutto ciò che voluto mi fosse da voi concesso in risposta alle mie
domande. Oggi pertanto, affinché possiamo per qualche giorno por fine a questo nostro
banchetto, non rimane nulla o poco, come penso, da darmi in risposta. È stato detto da
mia madre che l’infelicità non è altro che privazione ed è stato stabilito da noi che coloro
i quali soggiacciano alla privazione sono infelici. Ma la tesi che proprio tutti gli infelici
soggiacciano alla privazione ha qualche aspetto problematico che ieri non abbiamo
potuto chiarire. Che se la forza del ragionamento riuscirà a dimostrare che è proprio così,
sarà stabilito con esattezza chi sia felice. Sarà chi non soggiace alla privazione. Infatti chi
non è infelice è felice. È felice dunque chi è libero dalla privazione se risulterà che quella
che denominiamo privazione equivale all’infelicità”.
Non necessariamente chi non soggiace a privazione è felice...
4. 24. “E perché, domandò Trigezio, non si potrebbe già dedurre che è felice chi non
soggiace a privazione, dall’evidente principio che chi soggiace a privazione è infelice?
Rammento che abbiamo accertato non darsi uno stato di mezzo fra infelice e felice”.
“Ritieni, gli chiesi, che si dia qualche cosa di mezzo fra morto o vivo? Non si è forse o
vivi o morti?”. “Ammetto, ribatté, che anche per questo aspetto non si dà qualche cosa di
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