Page 11 - La Felicità
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3. 17. L’indomani, sempre dopo pranzo ma un po’ più tardi del giorno antecedente, ci
adunammo i medesimi e nel medesimo luogo. “Oggi, cominciai, siete arrivati tardi al
banchetto; ed io penso che il fatto non dipenda dalla cattiva digestione, ma dalla certezza
della scarsezza delle vivande. Siete convinti che non dovete iniziare a prendere all’ora
consueta un cibo che, a vostro avviso, potete ingoiare in pochi bocconi. Ed era ovvio
pensare che non fossero rimasti avanzi d’un pranzo che nel giorno stesso della festa era
stato frugale. E forse avete ragione. Io stesso, come voi, non so che cosa v’è stato
ammannito. V’è un Altro che non manca di preparare a ciascuno ogni vivanda e
soprattutto quelle di questo tipo. Siamo noi che assai spesso manchiamo di nutrirci o per
debolezza o per sazietà o per affari. E ieri, con sentimento religioso e con fondamento
logico, siamo rimasti d’accordo che egli, con la sua presenza negli uomini, li rende felici.
Il nostro ragionamento ha infatti accertato, senza dispareri fra di voi su tale punto, che è
felice chi possiede Dio. È stato allora chiesto chi sia, a vostro avviso, che possiede Dio,.
Sull’argomento, se ben ricordo, sono state dichiarate tre opinioni. Alcuni hanno ritenuto
che possiede Dio chi compie le opere che egli vuole. Altri hanno affermato che possiede
Dio chi vive bene. Altri, infine, furono d’opinione che Dio è in coloro in cui non è lo
spirito denominato immondo.
Convenienza di massima delle tre opinioni.
3. 18. Ma forse con diverse espressioni hanno tutti pensato la stessa cosa. Limitiamoci ad
analizzare le prime due opinioni. Chiunque vive bene compie ciò che Dio vuole e
chiunque compie ciò che Dio vuole vive bene; altro non è infatti vivere bene che fare ciò
che piace a Dio, salvo un vostro disparere”. Furono d’accordo. “Più attentamente bisogna
esaminare la terza opinione perché, nella terminologia della Sacra Scrittura, immondo
spirito, per quanto io ne comprendo, viene inteso in due significati. O s’intende quello che
invade l’anima dal di fuori, sconvolge la normale funzione dei sensi e genera negli
uomini una specie di mania; e si dice che, per allontanarlo, i sacerdoti impongono le mani
ed esorcizzano, cioè lo scacciano con l’invocazione di Dio. Con altra accezione si
denomina spirito immondo ogni anima immonda e non significa altro che anima
inquinata da vizi e colpe. Pertanto chiedo a te, giovanetto, che forse hai dichiarato questa
tua opinione a causa del tuo spirito un po’ più sereno e puro, chi ti sembra che non abbia
lo spirito immondo: quegli che non è invaso dal demone che di solito rende furibondi gli
uomini, ovvero quegli che ha già resa monda l’anima da tutti i vizi e peccati”. “Penso,
rispose, che non ha lo spirito immondo chi vive castamente”. “Ma, soggiunsi, chi intendi
come casto: colui che non commette peccato o colui soltanto che si astiene da un illecito
contatto carnale?”. “Come, rispose, può esser casto se, astenendosi soltanto dall’illecito
contatto, non cessa di macchiarsi di altri peccati? Quegli è veramente casto che è fisso in
Dio e soltanto a lui aderisce”. Volli che le parole del ragazzo fossero trascritte come erano
state profferite; quindi continuai: “Ne consegue pertanto necessariamente che questo tale
viva bene e chi vive bene è necessariamente casto, salvo il tuo disparere”. Manifestò la
sua adesione assieme agli altri. “Quindi, conclusi, fino a questo punto c’è unanimità di
opinioni.
Cercare Dio: somma di tutti i desideri.
3. 19. Ma ora per un po’ vi propongo il problema se Dio può volere che l’uomo lo cerchi”.
Lo ammisero. “Vi chiedo egualmente se possiamo affermare che vive male chi cerca
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