Page 27 - L'unione con Dio
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I nostri peccati ci rendono degni di disprezzo
                  Infatti  colui  che  per  amore  di  Dio  ha  nel  cuore  pentimento  e  dolore,
                  rifugge  dall’essere  onorato  e  amato;  non  evita  di  essere  in  qualsiasi
                  maniera calpestato, odiato, ostinatamente disprezzato, al fine di praticare
                  la vera umiltà e di attaccarsi soltanto a Dio, con cuore veramente sincero e
                  puro.
                  Ora,  per  amare  Dio  solo,  per  odiare  se  stessi,  per  desiderare  di  essere
                  piccoli  agli  occhi  degli  altri,  non  c’è  bisogno  di  lavoro  esteriore,  né  di
                  salute corporale;  è  necessario piuttosto il dominio  dei sensi,  l’opera del
                  cuore, e il riposo dello spirito.

                  Come elevare l’anima a Dio
                  Solamente col lavoro del cuore e con lo slancio intimo dell’anima potremo
                  contrapporci alle bassezze della terra, per elevarci e salire fino a ciò che è
                  celeste e divino.
                  Così comportandoci, noi ci trasformiamo in Dio, soprattutto quando con
                  perfetta  sincerità  e  senza  pregiudizi,  senza  condannare  e  disprezzare  il
                  prossimo,  preferiremo  di  essere  ritenuti  da  tutti  oggetto  di  onta  e  di
                  obbrobrio, o meglio ancora di essere aborriti come fetido fango, piuttosto
                  che  di  possedere  le  delizie  terrestri,  essere  onorati  ed  esaltati  dagli
                  uomini, gioire di vantaggi e di felicità d’ogni genere in un mondo fugace.

                  La nostra consolazione quaggiù deve consistere nel deplorare le offese
                  fatte a Dio
                  Sì, proponiamoci di non desiderare, nella presente peritura vita del corpo,
                  altro conforto che di pentirci, di deplorare e piangere le offese a Dio e le
                  colpe  commesse;  impariamo  a  svalutarci,  ad  annichilirei  e  ad  apparire
                  ogni giorno più spregevoli agli occhi altrui; a considerarci, in noi stessi,
                  sempre  più  indegni  degli  altri,  per  piacere  così  a  Dio  solo  e  rimanere
                  radicati  in  lui;  non  preoccupiamoci  d’altro  che  di  Gesù  Cristo  Nostro
                  Signore  che  solo  deve  regnare  nelle  nostre  affezioni;  non  abbiamo
                  sollecitudini e cure che per Colui la cui potenza e provvidenza dà l’essere
                  e il moto a tutte le creature (71).

                  Non è questa l’ora di gioire, ma di piangere
                  Non è questa l’ora di gioire, è l’ora di piangere di tutto cuore.
                  Se  non  avete  il  dono  delle  lacrime,  amareggiatevi  almeno  di  non  poter
                  piangere; se invece sapete piangere, gemete per essere stati voi stessi la
                  causa del vostro dolore con la gravità delle offese fatte a Dio e il grande
                  numero dei vostri peccati.




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