Page 77 - Teologia Mistica
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capacità di godere. Tuttavia certi filosofi sembrano ammettere l’una e l’altra cosa —
                  come del resto anche noi, in linguaggio metaforico, diciamo che a primavera, quando
                  fiorisce e si rinnova, un prato è ridente, allegro.
                     Beato colui che conforma il proprio amore libero a questo amore naturale, giacché
                  «se i due sono d’accordo, il Padre concederà loro» tutto quel che «avranno chiesto» [Mt
                  18,19]: e [questi due amori] non chiederanno altro che Dio o ciò che è secondo Dio e
                  insieme secondo la natura quale fu costituita in origine.


                                             CONSIDERAZIONE QUARTA

                     L’uomo è condotto a Dio [anche] da un amore libero infuso o conservato in modo
                  soprannaturale,  senza  che  alcuna  sua  conoscenza  libera  accompagni  o  preceda
                  quell’amore.
                     Dio  può  certamente  conservare  nell’uomo  l’amore  liberamente  concepito  senza
                  l’intervento  di  alcun  atto  di  conoscenza;  in  tal  caso  l’uomo  amerebbe  Dio  senza
                  conoscerlo intellettualmente, almeno di quella conoscenza che è atto secondo  — non
                  però senza conoscerlo con quella conoscenza puramente naturale di cui abbiamo appena
                  detto  [nella Considerazione  III], la quale è l’atto primo essenziale dell’anima,  anzi  è
                  l’anima  stessa,  per  cui  non  può  mai  mancare  in  lei  mentre  essa  sussiste,  e  perciò  è
                  chiamata  entelechia.  Analogamente  Dio  può  causare  immediatamente  [in  modo
                  soprannaturale] nella volontà un atto libero di amore senza che sia coinvolto l’intelletto
                  in quanto intelletto, così come — è la tesi sostenuta da alcuni — Dio solo produce gli
                  atti beatifici in cielo.


                                             CONSIDERAZIONE QUINTA

                     La  teologia  mistica  consiste  soltanto  nell’amore,  e  tale  amore  viene  infuso
                  soprannaturalmente in coloro che bramano la sapienza.
                     Far ciò compete alla potenza di Dio, come è chiaro dalla Considerazione precedente.
                  Infatti spetta alla sua sapienza e alla sua bontà infondere lo spirito d’amore in quelli che
                  aprono la bocca della mente. E la bontà di Dio non negherà ai puri di cuore il bacio
                  richiesto, ma anzi preverrà «con benedizioni di dolcezza» [Sal 20,4] «il desiderio dei
                  poveri» [Sal 9,38], i quali, con Daniele, sono «uomini dei desideri» [Dn 9,23; 10,11.19].
                  Inoltre  la  sapienza  eterna  come  una  madre  premurosa  sazierà  i  suoi  pargoli  alle
                  mammelle della sua  consolazione. Ma non potrà succhiare quel  seno chi non si  sarà
                  sottomesso a lei in verità e senza infingimenti come un pargolo, secondo la parola di
                  Cristo — il quale è insieme sposo e sposa, padre e madre, amico ed amica, dato che
                  l’amore spirituale non conosce sesso. In fondo quasi tutta la sacra Scrittura si potrebbe
                  interpretare così.
                     Ma i filosofi [pagani] non sanno nulla di questo miracolo continuamente constatabile
                  nei devoti: ecco perché Dionigi ed altri dicono giustamente che questa sapienza mistica
                  appartiene propriamente ai cristiani. E così è ormai fuori discussione che l’apice della
                  mente si porta in Dio senza una conoscenza in atto previa o concomitante, nel senso che
                  la  conoscenza  non  produce  quell’amore  infuso  dall’alto.  E  neppure  lo  accompagna:
                  intendiamo  qui  riferirci  alla  conoscenza  nozionale  ed  esplicativa,  non  già  alla
                  conoscenza sperimentativa del sentimento.
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