Page 79 - Teologia Mistica
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alcunché: e tuttavia la conoscenza precede e accompagna questo amore.
Se gli studiosi di filosofia naturale ammettessero questo asserto, riuscirebbero a
spiegare, senza postulare dei miracoli, molte cose che i cattolici tramandano sulla
teologia mistica. Nei due opuscoli sulla teologia mistica da noi composti in precedenza
ci siamo sforzati di illustrare con molte considerazioni ed accorgimenti tali cose,
nell’intento di rendere accessibile questa sapienza alla comprensione comune e anche ai
filosofi. Nostro intento non era certo escludere gli influssi divini e soprannaturali (lungi
da noi questa presunzione pelagiana!); abbiamo semplicemente voluto dire in
linguaggio comprensibile dai filosofi e dai teologi scolastici cose che non dovrebbero
essere in contrasto con quanto essi tradizionalmente insegnano nelle loro scuole. Se ciò
ci sia riuscito almeno in parte, lo giudichino i lettori e ne sia resa gloria a Dio; se invece
non ci è mai riuscito, ci perdonino Dio e i suoi.
Insomma, la dimostrazione della presente tesi sta in quel che Aristotele dice a
proposito di chi ha un habitus fortemente acquisito: nelle sue azioni egli non decide
deliberatamente, o almeno si comporta come se non avvertisse di deliberare. Ogni arte
giunta a perfezione agisce come la natura: lo comprovano coloro che attendono alle arti
anche manuali e lavorano intorno alle cose esteriori, ad esempio i tessitori, i suonatori di
cetra, gli scrivani ecc.; tanto più questo può verificarsi a proposito delle azioni interiori.
Infatti anche noi spesso pensiamo o amiamo molte cose con grande facilità, senza che
avvertiamo di pensarle o di amarle: e tuttavia in ogni amore, e soprattutto in quello
esplicito e meritorio, la conoscenza precede ed accompagna naturalmente l’amore — se
non la conoscenza riflessa, almeno quella diretta. Questo insegnano comunemente i
filosofi, i teologi e i moralisti, che ripetono per propria esperienza le parole di Agostino:
Possiamo amare cose non viste, giammai cose ignote.
CONSIDERAZIONE NONA
Grazie alla loro fede, speranza e carità le persone semplici giungono più rapidamente
e a un livello più alto di teologia mistica, che non i dotti in teologia scolastica o
discorsiva.
Ciò dipende da molte cause, alcune delle quali sono indicate da san Tommaso, là
dove si chiede perché talvolta i semplici siano più devoti delle persone cólte: la fede dei
primi è meno disturbata dal confronto con opinioni contrapposte, di cui non hanno
neppure sentito parlare. Inoltre essi sono quegli umili cui «Dio conferisce la grazia»
[Prov 3,34; Gc 4,6; 1Pt 5,5], Lui «che va» coi semplici [Prov 13,20], mentre «sul collo
di tutti» i superbi e potenti «impone il giogo del proprio vigore» [Eccli 24,11]. Ancora,
le persone semplici talora attendono con cura, in timore e tremore, alla propria salvezza.
Come poi queste persone semplici, anzi persino i fanciulli, debbano camminare verso
la sapienza mistica, l’ho accennato nell’opuscolo Sulla semplificazione del cuore, nella
seconda via. Diceva un tale: «Per quaranta anni e più mi sono dato da fare in ogni
modo, ho studiato molto, ho letto, pregato, meditato, ho dedicato molto tempo a tutto
ciò, ma non ho trovato niente di più semplice ed efficace di questo per giungere alla
teologia mistica: fare in modo che lo spirito e l’anima si sottomettano a Dio come il
bambino e la bambina della metafora accennata, in cui l’indigenza spirituale occupa il
posto principale insieme alla fede semplice, la quale crede che Dio “è nato per noi come
un pargolo; ci è stato dato come un figlio” [Is 9,6]».