Page 81 - Teologia Mistica
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enunciativa. Felice quel bambino, pur se avesse cent’anni, che si sottomette alla madre
                  sapienza, come vi era sottomesso lo splendido re David, che si fece piccolo ai propri
                  occhi e più «vile» degli altri «di fronte» a Dio [2Re 6,21-22].
                     Sopra questa analogia tra i sensi corporei e i sensi spirituali costruiamo un esempio
                  che ci aiuti a capire il tipo di conoscenza proprio della teologia mistica. Prendiamo due
                  uomini: in uno i due sensi della vista e dell’udito sono sviluppatissimi, mentre gli altri
                  tre sensi, quello dell’olfatto, del gusto e del tatto, sono totalmente infiacchiti e ottusi;
                  l’altro, che è cieco e sordo, ha invece l’olfatto, il gusto e il tatto ben desti e vivaci. È
                  chiaro  che  il  secondo  potrà  sperimentare  soddisfazioni  sensibili  maggiori  che  non  il
                  primo.
                     Analogamente: i filosofi e i teologi, gente istruita, sono ben dotati quanto alla vista e
                  all’udito spirituali, ma può succedere che molti di essi siano privi degli altri tre sensi,
                  oppure che li posseggano come bloccati o interamente ottusi. Capita il contrario con le
                  persone  semplici,  gente  illetterata:  sono  come  dei  ciechi  e  dei  sordi  in  ordine  alla
                  filosofia scolastica, ma quanto agli altri sensi dell’olfatto, del gusto e del tatto spirituali
                  son ben dotati.
                     Nessuno perciò si meraviglierà del fatto che i semplici e gli illetterati, ciechi e sordi
                  solo per quanto concerne la visibilità [attraverso i libri] e l’udibilità della fede, trovino
                  gioia  in  Dio,  di  cui  sentono  il  profumo  in  quanto  lo  desiderano,  che  assaporano  in
                  quanto  lo  amano,  che  toccano  in  quanto  lo  abbracciano  spiritualmente:  nessuna
                  meraviglia, giacché per la purezza e semplicità della loro vita questi tre sensi risultano
                  [in loro] purificati e rinnovati. Invece in coloro che vivono male tali sensi sono del tutto
                  atrofizzati, ed essi non percepiscono quanto siano profumate, saporose e carezzevoli le
                  realtà divine, pur avendo una buona vista e un buon udito [per leggere e ascoltare cose
                  di  fede]. Analogo  ragionamento si  potrebbe costruire sulla differenza che esiste fra i
                  cani da caccia e gli altri cani.
                     Questi cinque sensi si possono raggruppare schematicamente nella figura di quei due
                  occhi che sono l’intelletto e la volontà, vale a dire l’occhio della conoscenza e l’occhio
                  dell’amore: infatti la vista e l’udito spettano per attribuzione piuttosto all’intelletto, gli
                  altri tre al sentimento, all’amore.


                                          CONSIDERAZIONE DODICESIMA

                     La  conoscenza  affettiva  propria  della  teologia  mistica  e  l’altro  tipo  di
                  contemplazione,  che  ha  per  oggetto  la  verità  divina  nella  sua  purezza  e  trasparenza,
                  possono sussistere insieme.
                     Molti  hanno  trattato  di  ambedue  i  tipi  di  contemplazione.  Ciascun  tipo  viene
                  variamente raffigurato: la contemplazione affettiva in Maria seduta [ai piedi di Gesù] e
                  nella  sposa  che  abbonda  «di  delizie,  appoggiata  al  suo  diletto»  [Ct  8,5];  la
                  contemplazione intellettuale in  Israele e in Rachele e nella sposa che ascende  «come
                  l’aurora»,  [bella  come]  «la  luna»  e  «il  sole»  [Ct  6,9].  Ma  [nel  secondo  tipo  di
                  contemplazione] bisogna che l’intelletto si porti in Dio senza il qui e l’ora, cioè al di
                  fuori dello spazio e del tempo, e dunque senza attingere alle rappresentazioni.
                     Ora,  come  dice  Agostino  d’accordo  con  Platone  e  i  suoi  seguaci,  ciò  è  talmente
                  difficile, che la tersissima verità divina può essere [intellettualmente] conosciuta in una
                  sorta  di  rapimento,  come  restandone  abbagliati,  solo  da  pochi  e  anche  da  questi
                  raramente, mentre della teologia mistica affettiva non hanno affermato la stessa cosa,
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