Page 31 - Il combattimento spirituale
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disposto  a  ogni  tuo  volere  perché  tu,  entrando  in  esso  spiritualmente,  lo  consoli  e  lo  fortifichi
            contro i nemici che cercano di allontanarlo da te. Così sia fatto tutto quello che è bene agli occhi
            tuoi.  Creatore  e  Redentore  mio,  la  tua  volontà  sia  ora  e  sempre  il  mio  cibo  e  il  mio  sostegno.
            Questa sola grazia ti chiedo, Amore caro: che l’anima mia, purificata e libera da qualunque cosa a
            te non gradita, stia sempre ornata di sante virtù e con esse stia preparata alla tua venuta e a quanto
            a te piacerà disporre di me.
            Se ti fiderai di questi insegnamenti, sappi con certezza che in qualsiasi desiderio di bene che non
            potrai realizzare, a causa della natura o del demonio, per turbarti e allontanarti dal cammino della
            virtù,  o  talora  anche  di  Dio  per  provare  la  tua  rassegnazione  alla  sua  volontà,  avrai  sempre
            occasione di accontentare il tuo Signore nel modo che più piace a lui. E proprio in questo consiste la
            vera devozione e il servizio, che Dio vuole da noi.
            Perché tu non perda la pazienza nei travagli, da qualunque parte provengano, ti avverto ancora che
            tu, usando i mezzi leciti solitamente adoperati dai servi di Dio, non li usi con il desiderio e lo scopo
            di esserne liberata, ma perché Dio vuole che si usino; né sappiamo noi se piace a sua divina Maestà
            di  liberarci  con  questo  mezzo.  Se  tu  facessi  altrimenti,  cadresti  in  più  mali:  facilmente  cadresti
            nell’impazienza, non succedendo la cosa secondo il tuo desiderio e la tua intenzione; oppure la tua
            pazienza sarebbe difettosa, non tutta accetta a Dio e di poco merito.
            Finalmente ti avverto qui di un occulto inganno del nostro amor proprio, che in certe circostanze
            suole coprire e difendere i nostri difetti. Per esempio: essendo qualche infermo poco paziente per
            l’infermità, nasconde la sua impazienza sotto il velo di qualche zelo di bene apparente. Egli dice che
            il suo affanno non è veramente impazienza per il travaglio dovuto  alla malattia, ma ragionevole
            dispiacere  perché  egli  stesso  gliene  ha  dato  occasione  oppure  perché  altri,  per  la  servitù  che  gli
            fanno o per altre cause, ne provano fastidio e danno.
            Allo stesso modo l’ambizioso, che si turba per la dignità non ottenuta, non attribuisce ciò alla sua
            propria superbia e vanità, ma ad altri motivi dei quali si sa molto bene che in altre occasioni, che a
            lui non danno noia, non tiene nessun conto. Come nemmeno l’infermo si preoccupa se quegli stessi,
            per i quali diceva di dolersi molto che tribolassero per lui, sostengano lo stesso travaglio e lo stesso
            danno per l’infermità di qualche altro.
            Questo è segno assai chiaro che la radice del lamento di costoro non è da vedere in altri o in altro
            motivo, se non nella ripugnanza che hanno delle cose contrarie alle loro voglie. Tu però per non
            cadere  in  questo  e  in  altri  errori,  sopporta  sempre  pazientemente  qualunque  travaglio  e  pena  da
            qualsiasi causa essi provengano, come ti ho detto.

                                                   CAPITOLO XXXII

               L’ultimo assalto e inganno proposti sopra, con cui il demonio tenta perché le virtù acquistate ci
                                                siano occasione di rovina

            L’astuto  e  maligno  serpente  non  manca  di  tentarci  con  i  suoi  inganni  anche  nelle  virtù  da  noi
            acquistate perché ci siano occasione di rovina mentre, compiacendoci di quelle e di noi medesimi, ci
            innalziamo per cadere poi nel vizio della superbia e della vanagloria.
            Per guardarti tu dunque da questo pericolo, combatti sempre sedendo nel campo piano e sicuro di
            una vera e profonda conoscenza del fatto che niente sei, niente sai, niente puoi e niente altro hai se
            non miserie e difetti né altro meriti che l’eterna dannazione. Fermata e stabilita entro i termini di
            questa verità, non te ne lasciar mai allontanare neanche un poco da qualsivoglia pensiero o cosa che
            ti avvenga, tenendo per certo che tutti siano tanti nemici tuoi, a causa dei quali rimarresti o morta o
            ferita se tu cadessi nelle loro mani.
            Per esercitarti bene a correre nel suddetto campo della vera conoscenza della tua nullità, serviti di
            questa  regola.  Quante  volte  ti  rifai  alla  considerazione  di  te stessa e delle tue opere, considerati
            sempre in rapporto a ciò che ti appartiene e non in rapporto a quello che appartiene a Dio e alla sua
            grazia; e poi stima te stessa tale quale ti ritrovi ad essere in rapporto a ciò che è tuo.
            Se consideri il tempo precedente alla tua esistenza, vedrai che in tutto quell’abisso di eternità sei
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