Page 30 - Il combattimento spirituale
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coserella o una parolina in contrario, consumiamo poi il tempo in lunghe meditazioni sui propositi
            di soffrire grandi pene, talora anche quelle del purgatorio, per amor di Dio. Siccome in questo la
            parte inferiore non sente ripugnanza come se fosse cosa lontana, noi miseri ci convinciamo di aver
            raggiunto il grado di quelli che pazientemente sostengono di fatto cose grandi.
            Tu dunque, per fuggire questo inganno, proponi e combatti con i nemici che da vicino e realmente ti
            fanno  guerra;  così  chiarirai  a  te  stessa  se  i  tuoi  propositi  sono  veri  o  falsi,  forti  o  deboli,  e
            camminerai verso la virtù e la perfezione per la via regale e già battuta da altri. Ma contro i nemici
            dai quali non sei solita essere tormentata, non consiglio di intraprendere la battaglia se non quando
            prevedi verosimilmente che da un momento all’altro potrebbero assalirti: per essere allora preparata
            e forte, ti conviene fare prima dei propositi.
            Però non giudicare mai i  tuoi propositi alla stregua di  risultati già  ottenuti, sebbene per qualche
            tempo  con  i  dovuti  modi  ti  fossi  esercitata  nelle  virtù:  in  essi  sii  umile,  temi  te  stessa  e  la  tua
            debolezza e, confidando in Dio, con frequenti preghiere ricorri a lui perché ti fortifichi e ti guardi
            dai pericoli e in modo particolare da ogni minima presunzione e confidenza in te stessa.
            In questo caso, sebbene non si possano superare alcuni piccoli difetti che talvolta il Signore ci lascia
            per farci umilmente conoscere e per salvaguardare qualche bene, ci è lecito nondimeno proporre di
            raggiungere un più alto grado di perfezione.

                                                   CAPITOLO XXXI

                L’inganno e la battaglia che il demonio usa, perché noi lasciamo la via che conduce alla virtù

            Il  quarto  inganno  proposto  sopra,  con  cui  il  maligno  demonio  ci  assalta  quando  vede  che  noi
            camminiamo diritto verso la virtù, è costituito da diversi buoni desideri che va eccitando in noi,
            perché dall’esercizio delle virtù cadiamo nel vizio.
            Una persona, trovandosi inferma, con paziente volontà va tuttavia sopportando l’infermità. Il sagace
            avversario,  il  quale  conosce  che  così  possa  acquistare  l’abitudine  alla  pazienza,  le  pone  davanti
            molte opere buone che potrebbe fare in uno stato diverso e si sforza di convincerla che, se fosse
            sana, meglio servirebbe Dio giovando a sé e anche agli altri. E dopo che ha mosso in lei queste
            voglie, le va a poco a poco aumentando talmente da renderla inquieta per non poterle mandare a
            effetto  come  vorrebbe.  E  quanto  in  lei  si  vanno  facendo  maggiori  e  più  gagliarde  tanto  cresce
            l’inquietudine,  da  cui  poi  pian  piano  il  nemico  la  va  abilmente  conducendo  a  spazientirsi
            dell’infermità  non  come  infermità,  ma  come  impedimento  di  quelle  opere  che  ansiosamente
            bramava di eseguire per maggior bene.
            Quando poi l’ha spinta fino a questo punto, con la stessa prontezza le toglie dalla mente il fine del
            servizio  divino  e  delle  buone  opere  e  le  lascia  il  nudo  desiderio  di  liberarsi  dall’infermità.  Non
            succedendo ciò secondo il suo volere, si turba in modo da diventare completamente impaziente. E
            così, dalla virtù che esercitava, viene a cadere nel suo vizio contrario senza avvedersene.
            Il modo di guardarsi e di opporsi a questo inganno è che quando ti trovi in qualche stato tormentoso,
            tu  sia  ben  attenta  a  non  dare  luogo  ai  desideri  di  ogni  bene  che,  non  potendo  allora  effettuare,
            verosimilmente ti turberebbero. E in ciò devi con ogni umiltà, pazienza e rassegnazione credere che
            i tuoi desideri non avrebbero quell’effetto di cui ti convincevi, essendo tu più vile e instabile di
            quanto ti stimi. Oppure pensa che Dio nei suoi occulti giudizi o a causa dei tuoi demeriti non vuole
            da te quel bene, ma piuttosto che ti abbassi e ti umili pazientemente sotto la dolce e potente sua
            mano (cfr. 1Pt 5,6).
            Parimenti, essendo impedita dal padre spirituale o da altra causa in modo da non poter fare quando
            vuoi  le  tue  devozioni  e  particolarmente  la  santa  comunione,  non  ti  lasciar  turbare  e  agitare  dal
            desiderio  di  esse;  ma,  spogliata  d’ogni  tua  proprietà,  rivestiti  del  beneplacito  del  tuo  Signore
            dicendo a te stessa: Se l’occhio della divina provvidenza non vedesse in me ingratitudini e difetti, io
            non sarei ora impedita di ricevere il santissimo sacramento; però vedendo io che il mio Signore con
            questo mi scopre la mia indegnità, ne sia egli sempre lodato e benedetto. In verità confido, Signor
            mio, nella tua somma bontà: fa’ che io, assecondandoti e compiacendoti in tutto, ti apra il cuore
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