Page 22 - Il combattimento spirituale
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esteriori,  perché  l’appetito,  che  è  come  capitano  della  nostra  natura  corrotta,  è  eccessivamente
            incline a cercare i piaceri e le consolazioni. Non potendo per sé solo farne acquisto, si serve dei
            sensi  quasi  fossero  soldati  suoi  e  strumenti  naturali  per  prendere  i  loro  oggetti  di  cui  stampa
            nell’anima le idee, estraendole e tirandole a sé. Da questo scaturisce il piacere il quale, per l’affinità
            esistente tra l’anima e la carne, si diffonde per tutta quella parte dei sentimenti che sono capaci di
            tale  diletto:  onde  tanto  l’anima  quanto  il  corpo  subiscono  un  comune  contagio,  che  corrompe  il
            tutto.
            Tu vedi il danno: attendi al rimedio. Sta’ ben attenta a non lasciar andare liberamente i tuoi sensi
            dove vogliono e non servirti di loro, qualora ti muova a farlo il solo piacere e non qualche buon fine
            o  utilità  o  necessità.  Se  non  avvedendotene  essi  fossero  andati  troppo  avanti,  li  devi  riportare
            indietro  o  regolare  in  modo  che,  dove  prima  si  facevano  miseramente  prigionieri  di  vane
            consolazioni,  ottengano  da  ciascun  oggetto  nobile  preda  e  la  portino  dentro  l’anima  onde  essa,
            raccolta in se stessa, spieghi le ali delle potenze verso il cielo alla contemplazione di Dio. Il che
            potrai fare in questo modo.
            Quando a uno qualsiasi dei tuoi sensi esteriori si rappresenta qualche oggetto, con il pensiero separa
            dalla cosa creata lo spirito che è in quella e pensa che essa da sé non ha niente di tutto ciò che
            soggiace  ai  tuoi  sensi,  ma  che  tutto  è  opera  di  Dio  che  con  il  suo  spirito  invisibilmente  le  dà
            quell’essere, quella bontà o quella bellezza e ogni altro bene che in essa di trova. E quivi rallegrati
            che il tuo solo Signore sia causa e principio di tante e così varie perfezioni di cose e che in se stesso
            le contenga tutte eminentemente, non essendo esse che un minimo grado delle sue perfezioni.
            Quando ti accorgerai di essere occupata nel mirare cose che hanno un nobile essere, con il pensiero
            ridurrai al suo niente la creatura fissando l’occhio della mente nel sommo Creatore ivi presente che
            le ha dato quell’essere e, in lui solamente prendendo diletto, dirai: O essenza divina sommamente
            desiderabile!  Quanto  godo  che  tu  sola  sia  principio  infinito  di  ogni  essere  creato!.  Similmente
            scorgendo alberi, erbe e cose simili, vedrai con l’intelletto che quella vita che hanno, non l’hanno da
            sé, ma dallo spirito che non vedi e che solo le vivifica; e potrai dire così: Ecco qui la vera vita da
            cui, in cui e per cui vivono e crescono tutte le cose. O vivo gaudio di questo cuore!. Così dalla vista
            degli animali bruti ti leverai con la mente a Dio che dà loro il senso e il moto, dicendo: O primo
            motore che, muovendo il tutto, sei immobile in te stesso, quanto mi rallegro della tua stabilità e
            fermezza!.
            E sentendoti allettare dalla bellezza delle creature, separa quello che vedi dallo spirito che non vedi
            e considera che tutto ciò che di bello appare fuori è solo dello spirito invisibile, da cui è cagionata
            quella bellezza esterna, e di’ tutta lieta: Ecco i rivoli del fonte increato; ecco le piccole gocce del
            mare infinito di ogni bene. Oh! come gioisco nell’intimo del cuore pensando all’eterna immensa
            bellezza,  che  è  origine  e  causa  d’ogni  bellezza  creata!.  E  scorgendo  in  altri  bontà,  sapienza,
            giustizia e altre virtù, dirai al tuo Dio dopo aver fatto la detta separazione: O ricchissimo tesoro di
            virtù! Quanto mi compiaccio che unicamente da te e per te derivi ogni bene e che tutto, a confronto
            delle tue divine perfezioni, sia come niente! Ti ringrazio, Signore, di questo e d’ogni altro bene
            fatto al mio prossimo: ricordati, Signore, della mia povertà e del grande bisogno che ho della virtù
            della N. [N. sta per nome. Lo Scupoli invita a chiedere a Dio nella preghiera quella virtù giudicata
            volta per volta più urgente e necessaria al singolo lettore].
            Accingendoti poi a fare qualche cosa, pensa che Dio è causa prima di quell’azione e tu non sei altro
            che vivo strumento di lui, al quale, innalzando il pensiero, dirai a questo modo: Supremo Signore di
            tutto, quanta è la gioia che provo in me stessa di non poter fare nulla senza di te (cfr. Gv 15,5); anzi
            godo che tu sia il primo e principale artefice di tutte le cose!. Gustando cibo o bevanda, considera
            che è Dio a dar loro quel sapore e, dilettandoti in lui solo, potrai dire: Rallegrati, anima mia: come
            fuori del tuo Dio non v’è nessuna vera gioia, così in lui solo ti puoi unicamente dilettare in ogni
            cosa (cfr. Fil 4,4).
            Se ti compiacerai nell’odorare qualche cosa gradita al senso, non fermandoti in quel compiacimento,
            passa  con  il  pensiero  al  Signore  da  cui  ha  la  sua  origine  quell’odore,  e  sentendo  di  ciò  interna
            consolazione dirai: Fa’, Signore, che come io gioisco che da te proceda ogni soavità, così l’anima
            mia, spogliata e nuda di ogni piacere terreno, ascenda in alto e renda gradito odore alle tue divine
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