Page 20 - Il combattimento spirituale
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l’altra ci porge occasione e pericolo di dilettarcene e di acconsentire al piacere; per cui il rimedio
            vero è il fuggire in tutto non solo da essi, ma anche da ogni cosa che ce li rappresenti benché sia
            loro contraria. Perciò la tua meditazione, orientata a questo fine, verta sulla vita e sulla passione del
            Signore crocifisso. E se meditando ti si facessero innanzi contro tua voglia gli stessi pensieri e più
            del solito ti molestassero, come facilmente ti avverrà, non per questo ti sgomenterai né lascerai la
            meditazione né ti rivolgerai ad essi per far loro resistenza; ma seguiterai la tua meditazione quanto
            più intensamente ti sia possibile, non curandoti di tali pensieri, come se non fossero tuoi; infatti non
            vi è modo migliore di questo per opporsi loro, benché ti facessero continua guerra.

            Concluderai  poi  la  meditazione  con  questa  o  con  una  domanda  simile:  Liberatemi,  Creatore  e
            Redentore mio, dai miei nemici in onore della vostra passione e della vostra bontà ineffabile, non
            rivolgendo  la  mente  al  vizio,  perché  il  solo  ricordo  di  esso  non  è  senza  pericolo.  E  con  simile
            tentazione non stare mai a disputare se tu abbia acconsentito o no perché questo, sotto specie di
            bene,  è  inganno  del  demonio  per  inquietarti  e  renderti  sfiduciata  e  pusillanime;  oppure  perché,
            tenendoti  occupata  in  tali  discorsi,  spera  di  farti  cadere  in  qualche  piacere.  Perciò  in  questa
            tentazione,  quando  il  consenso  non  è  chiaro,  ti  basti  confessare il tutto  con brevità  al  tuo  padre
            spirituale, restandone poi tranquilla con il suo parere senza pensarci più. E fa’ in modo di scoprire a
            lui fedelmente ogni tuo pensiero, e non te ne trattenga mai alcun rispetto o vergogna. Che se con
            tutti i nostri nemici abbiamo bisogno della virtù dell’umiltà per vincerli, in questo più che in altro
            dobbiamo umiliarci, essendo questo vizio quasi sempre castigo di superbia.
            Passato il tempo della tentazione, quello che devi fare è che, pur sembrandoti di essere libera e del
            tutto sicura, tu stia con la mente lontana affatto da quegli oggetti che ti cagionavano la tentazione,
            benché per fine di virtù o di altro bene ti sentissi muovere a fare altrimenti: infatti questa è frode
            della natura viziosa e tranello del nostro sagace avversario, che si trasforma in angelo di luce per
            indurci nelle tenebre.

                                                     CAPITOLO XX

                                        Il modo di combattere contro la negligenza

            Perché  tu  non  cada  nella  misera  schiavitù  della  negligenza,  cosa  che  non  solo  impedirebbe  il
            cammino  della  perfezione  ma  ti  darebbe  in  mano  ai  nemici,  devi  fuggire  ogni  curiosità  e
            attaccamento terreno e qualunque occupazione non conveniente al tuo stato. Poi ti devi sforzare per
            corrispondere presto a ogni buona ispirazione e a qualunque ordine dei tuoi superiori, facendo ogni
            cosa quando e come a loro piacerà.
            Non  ritardare  neppure  per  un  brevissimo  momento,  perché  quel  solo  primo  indugietto  porta
            appresso il secondo e questo il terzo e gli altri ai quali il senso si piega e cede più facilmente che ai
            primi, essendo già allettato e preso dal piacere che ne ha gustato: per cui o si incomincia l’azione
            troppo  tardi  o  come  noiosa  alle  volte  la  si  lascia  del  tutto.  E  così  a  poco  a  poco  si  va  facendo
            l’abitudine alla negligenza ed essa poi cresce talmente che, nel momento stesso in  cui  da quella
            siamo tenuti legati, ci proponiamo di voler essere un’altra volta molto solleciti e diligenti poiché ci
            accorgiamo, con rossore di noi stessi, d’essere stati fino a tal punto negligentissimi.
            Questa  negligenza  scorre  dappertutto  e  con  il  suo  veleno  non  solo  infetta  la  volontà  facendole
            aborrire l’opera, ma accieca anche l’intelletto perché non veda quanto vani e mal fondati siano i
            proponimenti  di  eseguire  per  l’avvenire  presto  e  diligentemente  quello  che,  dovendosi  effettuare
            allora, volontariamente si lascia del tutto oppure si rimanda ad altro tempo. Né basta eseguire presto
            l’opera  dovuta,  ma  bisogna  farla  nel  tempo  proprio  richiesto  dalla  qualità  e  dall’essere  di
            quell’opera e con tutta quella diligenza ad essa conveniente, perché abbia ogni possibile perfezione.
            Infatti non è diligenza, ma finissima negligenza fare l’azione prima del tempo e sbrigarsela presto e
            senza farla bene, perché poi quietamente ci diamo al riposo accidioso, al quale era fisso il nostro
            pensiero mentre con rapidità si compiva l’azione. Tutto questo  gran male avviene perché  non si
            considera il valore della buona opera fatta a suo tempo e con l’animo risoluto ad andare incontro
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