Page 14 - Il combattimento spirituale
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divina dall’altra, mentre ciascuna cerca di riportare vittoria, è necessario che ti eserciti in più modi
            perché in te prevalga in tutto la volontà divina.
            Primo: quando sei assalita e battagliata dagli impulsi del senso, devi opporre un’accanita resistenza
            perché la volontà superiore non acconsenta a quelli.
            Secondariamente:  allorché  essi  sono  cessati,  eccitali  di  nuovo  in  te  per  reprimerli  con  maggior
            impeto e forza. Dopo richiamali alla terza battaglia, nella quale ti abituerai a scacciarli da te con
            sdegno  e  ripugnanza.  Questi  due  incitamenti  a  battaglia  si  devono  fare  in  ogni  nostro  appetito
            disordinato fuorché negli stimoli carnali, dei quali tratteremo a suo tempo.
            Infine devi fare atti contrari a ogni tua viziosa passione. Con il seguente esempio ti si farà il tutto
            più chiaro.
            Tu sei forse combattuta dagli stimoli dell’impazienza: se rientrando in te stessa starai ben attenta,
            sentirai  che  essi  continuamente  battono  alla  porta  della  volontà  superiore  perché  si  inchini  e
            acconsenta  a  loro.  E  tu  come primo esercizio,  opponendoti a ciascun impulso, fa’ ripetutamente
            quanto puoi perché la tua volontà non vi dia il consenso. Né cessa mai da questa battaglia finché
            non ti avveda che il nemico, quasi stanco e come morto, si dia per vinto.
            Ma vedi, figliuola, la malizia del demonio. Quando egli si accorge che noi ci opponiamo fortemente
            agli stimoli di qualche passione non solo resta a eccitarli in noi ma, quando sono eccitati, tenta per il
            momento di acquietarli. E questo lo fa perché con l’esercizio non acquistiamo l’abitudine alla virtù
            contraria  a  quella  passione  e  inoltre  per  farci  cadere  nei  lacci  della  vanagloria  e  della  superbia,
            facendoci poi astutamente convincere che noi da generosi soldati abbiamo subito calpestato i nostri
            nemici.
            Perciò tu passerai alla seconda battaglia, richiamandoti alla memoria ed eccitando in te quei pensieri
            che ti cagionavano l’impazienza, in modo da sentirti da essi commossa nella parte sensitiva e da
            reprimere  allora  ripetutamente  e  con  sforzo  maggiore  di  prima  i  suoi  impulsi.  E  sebbene  noi
            respingiamo i nostri nemici sapendo di far bene e di piacere a Dio, tuttavia se non li abbiamo del
            tutto in odio corriamo pericolo di essere un’altra volta da essi superati: per questo tu devi farti loro
            incontro con il terzo assalto e scacciarli lontano da te facendo atti non solo di ripugnanza ma anche
            di indignazione, fino a tanto che si rendano odiosi e abominevoli.
            Infine, per ornare e perfezionare l’anima tua con le abitudini alle virtù, devi produrre atti interiori
            che  siano  direttamente  contrari  alle  tue  disordinate  passioni.  Ad  esempio  volendo  tu  acquistare
            perfettamente  l’abitudine  alla  pazienza,  se  uno  disprezzandoti  ti  porge  l’occasione  di  essere
            impaziente, non basta esercitarti nelle tre maniere di combattere di cui ti ho detto, ma devi volere e
            amare per giunta il disprezzo ricevuto, desiderando di essere di nuovo nello stesso modo e dalla
            stessa persona oltraggiata, aspettando e proponendoti di sostenere anche cose più gravi. La causa per
            cui tali atti contrari sono necessari per perfezionarci nelle virtù è questa: gli altri atti, pur essendo
            molti e forti, non sono sufficienti a estirpare le radici che producono il vizio.
            Pertanto  (per  continuare  nello  stesso  esempio),  benché  noi,  quando  siamo  disprezzati,  non
            consentiamo ai moti dell’impazienza anzi combattiamo contro di essi con i tre modi indicati sopra,
            nondimeno se non ci abitueremo con molti e frequenti atti ad amare il disprezzo e a rallegrarcene,
            non  ci  potremo  mai  liberare  dal  vizio  dell’impazienza  il  quale,  per  la  nostra  inclinazione  alla
            reputazione propria, si fonda nell’aborrimento del disprezzo. E finché resta viva, la radice viziosa va
            sempre germogliando in maniera da rendere languida la virtù, anzi talora da soffocarla in tutto e da
            tenerci inoltre in continuo pericolo di ricadere in ogni occasione che ci si presenti. Dalle quali cose
            ne segue che senza i detti atti contrari non possiamo mai acquistare la vera abitudine alle virtù.
            Si avverta per giunta che questi atti devono essere tanto frequenti e in tale numero da potere del
            tutto distruggere l’abitudine viziosa, la quale, siccome per molti atti viziosi ha preso possesso nel
            nostro  cuore,  così  con  molti  atti  contrari  la  si  deve  svellere  da  quello  per  introdurvi  l’abitudine
            virtuosa. Anzi dico di più: per fare l’abitudine virtuosa si richiedono atti buoni più degli atti cattivi
            necessari per fare l’abitudine viziosa; infatti quelli non sono aiutati, come invece sono aiutati questi,
            dalla natura, corrotta dal peccato.
            Oltre a quello che fin qui si è detto, aggiungo che se la virtù che allora eserciti così richiede, devi
            anche fare atti esteriori conformi agli interiori, come (per stare nel detto esempio) usare parole di
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