Page 124 - Confessioni
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tu potessi illuminare. Ma come non aveva meriti nei tuoi confronti per essere una vita tale che si potesse
                  illuminare, così neppure dopo che lo fu ebbe meriti per essere illuminata. Il suo stato d’informità non ti
                  sarebbe  piaciuto,  se  non  fosse  divenuta  luce,  non  già  mediante  l’esistenza,  ma  la  visione  della  luce
                  illuminante e l’unione intima con essa. Perciò deve soltanto alla tua grazia la vita e la felicità della vita, da
                  quando fu rivolta, con mutamento in meglio, verso ciò che non può mutarsi né in meglio né in peggio;
                  ossia verso di te, e non altri, perché tu, e non altri, sei l’Essere semplice, per il quale la vita è felicità,
                  essendo tu stesso la tua felicità.


                  Lo spirito portato sulle acque simbolo della generosità del creatore (Gn 1. 2)

                  4. 5. Cosa mancherebbe dunque al tuo benessere, che tu sei per te stesso, quand’anche tutte le creature
                  non esistessero affatto o rimanessero informi? Tu non le hai create per bisogno, ma per pienezza di bontà,
                  e per questa le hai costrette e piegate a una forma, non per completarne la tua gioia. Alla tua perfezione
                  spiace certamente la loro imperfezione, per cui si perfezionano di te affinché ti piacciano, e non già perché
                  tu sia imperfetto, quasi bisognoso tu pure della loro perfezione per la tua perfezione. Il tuo spirito era
                  portato sopra le acque, non dalle acque, quasi riposando in esse: quando si dice che il tuo spirito riposa in
                  qualcuno, questi in sé fa riposare. Era la tua volontà incorruttibile, immutabile e sufficiente a se stessa, che
                  si  portava  sulla  vita  creata  da  te,  vita  ove  il  vivere  non  equivale  a  vivere  felici,  poiché  vive  anche
                  fluttuando nella sua oscurità; che ha bisogno di volgersi al suo creatore, di vivere sempre più vicino alla
                  fonte della vita e di vedere nella sua luce la luce, per essere perfetta, illuminata e felice.


                  La Trinità nella creazione (Gn 1. 1 s.)
                  5. 6. Ed ecco apparirmi in un enigma la Trinità, ossia tu, Dio mio. Tu, il Padre, creasti il cielo e la terra
                  nel principio della nostra sapienza, che è la tua Sapienza, nata da te, uguale e coeterna con te; cioè nel tuo
                  Figlio. Ho parlato lungamente del cielo del cielo, della terra invisibile e confusa, dell’abisso tenebroso,
                  vagabondaggio delirante per l’informe creatura spirituale, quando non si fosse rivolta all’Autore di ogni
                  forma di vita, che con la sua illuminazione la rendesse vita splendida e  cielo di quel cielo, che venne
                  creato  più  tardi  fra  acqua  e  acqua.  Ormai  coglievo  nel  nome  di  Dio  il  Padre  che  creò,  nel  nome  di
                  principio il Figlio in cui creò; e credendo, come credevo, nella trinità del mio Dio, la cercavo nelle sue
                  sante parole. Ed ecco, il tuo spirito era portato sopra le acque. Ecco la Trinità Dio mio, Padre e Figlio e
                  Spirito Santo, creatore di tutto il creato.

                  La ritardata menzione dello Spirito Santo
                  6.  7.  Ma  perché, o lume di verità, cui avvicino il mio cuore nel timore che i suoi insegnamenti siano
                  fallaci; dissipane le tenebre e dimmi, ti supplico per la madre carità, ti supplico, dimmi: perché soltanto
                  dopo la menzione del cielo e della terra invisibile e confusa, e delle tenebre sovrastanti l’abisso, soltanto
                  allora  la  tua  Scrittura  ha  menzionato  il  tuo  spirito?  Forse  perché  conveniva  introdurlo  così, dicendolo
                  portato  sulle  acque?  Non  si  poteva  dirne  questo  senza  menzionare  prima  la  cosa  su  cui  si  potesse
                  immaginare trasportato il tuo spirito, che non era portato sopra il Padre né sopra il Figlio, né l’espressione
                  sarebbe corretta, se fosse portato sopra nulla. Quindi bisognava prima citare la cosa su cui era portato, poi
                  lui,  che  non  conveniva  menzionare  senza  dire  che  era  portato  su  qualcosa.  Ma  perché  non  conveniva
                  introdurlo senza dire che era portato su qualcosa?

                  Il conforto dello Spirito
                  7. 8. D’ora innanzi chi può segua con intelletto il tuo Apostolo. Egli dice che il tuo amore è stato diffuso
                  nei nostri cuori ad opera dello Spirito Santo che ci fu dato, che c’insegna le cose spirituali, ci mostra la
                  via sovrana dell’amore e piega per noi il ginocchio innanzi a te, affinché conosciamo la scienza sovrana
                  dell’amore di Cristo. Ecco dunque perché lo Spirito, sovrano fin dall’inizio, era portato sulle acque. A
                  chi parlare, come parlare del peso della passione, che ci trascina nell’abisso scosceso, e dell’elevazione
                  della carità, che opera il tuo spirito, il quale era portato sopra le acque? A chi parlarne? come parlarne?
                  Non si tratta di luoghi, dove siamo immersi ed emergiamo; nessuna espressione sarebbe più propria e
                  impropria.  Si  tratta  invece  dei  sentimenti,  si  tratta  degli  affetti,  dell’impurità  del  nostro  spirito,  che
                  sprofonda  con  l’amore  degli  affanni;  e  della  santità  del  tuo  spirito,  che  ci  solleva  con  l’amore  della




                  Agostino – Confessioni                                                   pag. 122 di 134
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