Page 119 - Confessioni
P. 119
iscritto da messaggeri veraci: il primo sulla verità dei fatti, il secondo sull’intenzione del messaggero. A
proposito della creazione, altra cosa è la ricerca sulla realtà dell’avvenimento, e altra quella su ciò che
Mosè, egregio famiglio della tua fede, volle far intendere in questo racconto al lettore o ascoltatore. Nel
primo genere di ricerca si allontanino da me quanti sono certi della loro scienza errata. Così nel secondo si
allontanino da me quanti ritengono errato il racconto di Mosè. Voglio invece unirmi a te, Signore, e
godere in te con coloro che si nutrono della tua verità nell’ampiezza della carità. Accostiamoci insieme
alle parole del tuo libro e cerchiamo in esse la tua volontà attraverso la volontà del tuo servitore, per la cui
penna le hai elargite.
Dubbi e certezze
24. 33. Eppure chi di noi ha così bene scoperto questa intenzione fra tante verità, che si presentano ai
ricercatori in quelle parole interpretate nell’uno o nell’altro senso, da poter affermare: “Questa era
l’intenzione di Mosè, e in questo senso volle che fosse inteso il suo racconto”, con la stessa sicurezza con
cui afferma vero il racconto, qualunque fosse l’intenzione di Mosè? Ecco, Dio mio, io, servo tuo, che ti ho
promesso in questo scritto il sacrificio della mia confessione e che prego di poter soddisfare con la tua
misericordia la mia promessa verso di te; ecco che affermo con la massima sicurezza che tu hai creato nel
tuo Verbo immutabile tutte le cose, invisibili e visibili; ma affermo con pari sicurezza che Mosè pensava a
questo e non ad altro, mentre scriveva: In principio Dio creò il cielo e la terra? Vedo forse, come vedo
nella tua verità la certezza di questo fatto, così nella sua mente che quello fu il suo pensiero mentre
scriveva queste parole? Poté certamente pensare all’origine della creazione, quando diceva: In principio;
poté volere che per cielo e terra qui s’intendesse la natura sia spirituale, sia corporea, non già formata e
perfezionata, ma in entrambi i casi appena abbozzata e ancora informe. Vedo bene che l’uno e l’altro dei
due sensi poteva essere usato con verità; ma quale pensasse Mosè in queste parole non vedo altrettanto
bene. Comunque non dubito che quell’uomo così grande, qualunque di questi sensi, o qualche altro da me
non menzionato contemplasse nella sua mente, quando proferì queste parole, vide il vero e lo riferì nel
modo conveniente.
Orgoglio temerario di alcuni interpreti
25. 34. Nessuno più mi molesti dicendomi: “L’intenzione di Mosè non fu quella che dici tu, ma quella che
dico io”. Se mi si chiedesse: “Come sai che l’intenzione di Mosè fu quella che tu ricavi di queste parole?”,
dovrei rimanere calmo e forse risponderei ciò che risposi più sopra, tutt’al più diffondendomi
maggiormente, se il mio interlocutore fosse piuttosto cocciuto. Ma quando si asserisce: “L’intenzione di
Mosè non fu quella che dici tu, ma quella che dico io”, senza tuttavia contestare la verità dell’una come
dell’altra asserzione, allora, o Vita dei poveri, Dio mio, nel cui seno non c’è contraddizione, fa piovere nel
mio cuore la mitezza, affinché possa sopportare pazientemente questi tali, che ciò mi dicono non già per
essere indovini e aver visto ciò che dicono nel cuore del tuo servitore, ma per orgoglio. Ignorano l’idea di
Mosè, ma amano la loro, non perché sia vera, ma perché è la loro. Diversamente amerebbero allo stesso
modo anche la verità degli altri, come io amo le loro asserzioni quando sono vere, non perché sono loro,
ma perché sono vere, e in quanto vere non sono più nemmeno loro. Se poi l’amano in quanto vere, ormai
sono e loro e mie, essendo un bene comune di tutti gli amanti della verità. Quando però sostengono che
l’intenzione di Mosè non fu quella che dico io, ma quella che dicono loro, la respingo e non l’amo.
Avessero pure ragione, questa è temerità, non propria di una scienza, ma dell’audacia, non frutto di una
visione, ma di presunzione. Perciò, Signore, i tuoi giudizi sono tremendi: perché la tua verità non
appartiene né a me né a chiunque altro, ma a tutti noi, e tu ci chiami pubblicamente a parteciparne, con
questo terribile avvertimento, di non pretenderne il possesso privato per non esserne privati. Chiunque
rivendica come proprio ciò che tu metti a disposizione di tutti, e pretende di detenere ciò che a tutti
appartiene, viene respinto dal patrimonio comune verso il suo, ossia dalla verità verso la menzogna. Chi
infatti dice una menzogna, dice del suo.
Parole fraterne
25. 35. Guarda, ottimo giudice, Dio, Verità persona, guar-da la mia risposta a questo contradittore,
guarda. Parlo davanti a te e davanti ai miei fratelli che fanno un uso legittimo della legge secondo il suo
fine, la carità. Guarda e vedi la mia risposta, se ti piace. A costui rivolgo queste parole fraterne e
pacifiche: “Se entrambi vediamo la verità della tua asserzione ed entrambi vediamo la verità della mia,
Agostino – Confessioni pag. 117 di 134