Page 28 - 83 Questioni diverse
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delle volte può venire ingannato ingiustamente, come quando si conclude un
trattato di pace momentanea, che si chiama tregua, e la parola data non viene
osservata, e altri simili casi; è molto più scusabile e più vicino a quella somma virtù
colui che, sebbene voglia ingannare il nemico, tuttavia non lo inganna, se non per
ordine divino. Solo Dio infatti sa, e certamente molto più chiaramente e veramente
dell’uomo, quale pena o ricompensa meriti ciascuno.
2. Dio pertanto non inganna nessuno direttamente: è infatti Padre della Verità, la
Verità stessa e lo Spirito di Verità. Distribuendo tuttavia a ciascuno ciò che si
merita - poiché anche questo fa parte della giustizia e della verità -, si serve delle
anime a seconda dei meriti e dei titoli corrispondenti ai loro gradi; e se uno merita
di essere ingannato, non solo non lo inganna direttamente, ma neppure per mezzo
di un uomo che ama nel modo giusto e persiste nell’osservare il detto: Sia il vostro
parlare: Sì, sì; no, no ; e neppure per mezzo di un angelo, cui non si addice il ruolo
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d’ingannatore. Si serve invece o di un uomo che non si è ancora liberato da simili
passioni o di un angelo che, per la perfidia della sua volontà, è stato collocato negli
infimi gradi allo scopo o di punire i peccatori o di provare e purificare quelli che
rinascono secondo Dio. Leggiamo infatti di un re ingannato dal falso vaticinio di
falsi profeti, e ciò che leggiamo conferma che il fatto non è accaduto senza
disposizione divina, perché quegli meritava di essere ingannato in tal modo, non
però mediante un angelo, cui non si addiceva di assumere l’ufficio di ingannare,
ma mediante l’angelo della menzogna, il quale di buon grado e con gioia chiese
che gli venisse affidato tale incarico . In alcuni passi delle Scritture è infatti
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esposto chiaramente ciò che il lettore diligente e devoto può intendere anche in
altri passi dove è meno evidente. Il nostro Dio infatti, per mezzo dello Spirito
Santo, ha disposto, a salvezza delle anime, i libri divini con l’intenzione non solo di
nutrirci con le cose chiare, ma anche di addestrarci con quelle oscure. Per questa
ineffabile e sublime disposizione delle cose, operata dalla Provvidenza, la legge
naturale è stata in qualche modo trascritta nell’anima razionale sicché, nel corso
stesso di questa vita e negli atteggiamenti terreni gli uomini conservano le
immagini di questa disposizione. Da qui deriva che il giudice ritenga indegno e
disdicevole alla sua persona di percuotere il condannato. Però per suo ordine il
carnefice lo fa : questi, per suo interesse, si è assunto l’incarico di colpire il
condannato in conformità alla legge, mentre per la sua crudeltà potrebbe colpire
anche l’innocente. Infatti il giudice non fa questo né personalmente né per mezzo
di un principe o di un avvocato o di un ufficiale, a cui non è conveniente affidare
tale compito. Da qui deriva anche che ci serviamo di animali privi di ragione per
fare quelle cose che è delittuoso far eseguire da uomini. Il ladro è senza dubbio
meritevole di essere lacerato dai morsi; ma un uomo non fa questo di persona, né
per mezzo del figlio o di un domestico o di un altro suo dipendente, ma per mezzo
del cane, animale a cui si addice compiere tali cose secondo l’ordine della natura.
Quando dunque si richiede che alcuni subiscano certe pene che ad altri non
conviene infliggere, si ricorre a certi servizi intermedi a cui si impongono uffici
corrispondenti, sicché la giustizia stessa, ricorrendo ad essi, non solo prescrive che
ciascuno subisca la pena giustamente dovuta, ma determina anche le persone