Page 7 - Vita di Antonio
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metterla in pratica. Vegliava tanto da stare spesso sveglio l’intera notte; e faceva
                  questo non solo una volta ma spesso, destando perciò ammirazione. Mangiava
                  una sola volta al giorno  dopo il tramonto del sole, e  qualche volta dopo due
                  giorni e spesso anche dopo quattro. Si cibava di pane e di sale e beveva solo
                  acqua.  Di  carne  e  di  vino  è  superfluo  parlare  perché  neppure  presso  gli  altri
                  asceti si trovano cose del genere. Per il sonno gli bastava una stuoia, ma molte
                  volte  dormiva  per  terra.  Non  voleva  ungersi  con  olio  perché  diceva  che  ai
                  giovani si addice soprattutto la pratica seria dell’ascesi e quindi non si devono
                  cercare  le  cose  che  fiaccano  il  corpo,  bisogna  invece  abituarsi  alle  fatiche,
                  memori  delle  parole  dell’apostolo:  «quando  sono  debole,  è  allora  che  sono
                  forte»  (2Cor  12,10).  Diceva  infatti  che  l’animo  si  rinvigorisce  quando  sono
                  mortificati i piaceri del corpo.
                  Aveva anche questo pensiero degno di ammirazione: non era giunto a misurare
                  la via della virtù, né il suo ritiro dal mondo col tempo trascorso, ma con desideri
                  e  propositi  buoni.  Egli  stesso  non  ricordava  mai  il  tempo  passato  ma
                  considerava  ogni  giorno  come  l’inizio  della  sua  ascesi  e  si  impegnava  a
                  perfezionarla,  ripetendo  spesso  il  detto  di  Paolo:  «dimentico  del  passato  e
                  proteso verso il futuro» (Fil 3,13). Ricordava anche le  parole del profeta  Elia:
                  «Per la vita del Signore degli eserciti, alla cui presenza io sto, oggi stesso io mi
                  mostrerò a lui» (1Re 18,15). Considerava infatti che, il profeta nel dire «oggi»,
                  non teneva conto del tempo trascorso, ma, quasi stabilendo un nuovo inizio, si
                  preoccupava ogni giorno di presentarsi a Dio così come si deve apparire, puro
                  di cuore, disposto all’obbedienza della sua volontà e non di altri. Diceva tra sé
                  che  l’asceta  deve  contemplare  la  propria  vita  come  in  uno  specchio,  consi-
                  derando quella del grande Elia.


                  8. Temprandosi in questo modo, Antonio andò fra i sepolcri che si trovavano
                  lontano dal villaggio e diede incarico a uno dei suoi conoscenti di portargli del
                  pane per molti giorni. Entrato in uno di questi sepolcri, si fece chiudere la porta
                  e vi rimase dentro da solo. Ma il nemico non sopportando ciò, anzi temendo che
                  in poco tempo avrebbe riempito il deserto della sua pratica ascetica, si presentò
                  una notte con una schiera di demoni e lo percosse tanto che egli giacque a terra,
                  muto  per  le  sofferenze.  Narrò  poi  che  il  dolore  era  stato  così  forte  che  colpi
                  inflitti dagli uomini non avrebbero potuto mai procurargli un simile tormento.
                  Ma per la provvidenza divina (il Signore infatti non trascura quelli che sperano
                  in lui) il giorno successivo venne quel suo conoscente a portargli del pane; aprì
                  la porta e, vedendolo disteso per terra come un morto, se lo caricò sulle spalle e
                  lo portò alla chiesa del villaggio, deponendolo per terra.
                  Molti suoi parenti e gli abitanti del villaggio stavano intorno ad Antonio come
                  intorno ad un morto. Verso mezzanotte Antonio si riprese e, destatosi, vide che
                  tutti dormivano e solo quel suo conoscente era sveglio. Con un cenno lo fece av-
                  vicinare a lui, lo pregò di caricarlo nuovamente sulle sue spalle e di riportarlo al
                  sepolcro senza svegliare nessuno.
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