Page 6 - Spiegazione del Credo
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celesti, dalle visibili alle invisibili (Rom 1, 20). Dapprima spiega, se ne sei capace, ed
                  esponi in che modo la mente, ch’è dentro di te, generi la parola e quale sia in essa lo
                  spirare della memoria. Come mai queste facoltà, pur diverse di fatto e per operazione,
                  tuttavia sono una cosa sola per sostanza e natura? e come mai, pur procedendo dalla
                  mente, non si distaccano mai da questa? Se poi queste facoltà, benché si trovino in noi e
                  nella sostanza della nostra anima, tuttavia ci  sembrano tanto più  nascoste quanto  più
                  sono invisibili all’occhio corporeo, esaminiamo realtà più accessibili. In che modo la
                  fonte genera da sé il fiume? da quale forza è trasportata la rapida corrente? perché mai,
                  pur costituendo il fiume e la fonte una sola e inseparabile realtà, tuttavia né la fonte può
                  essere intesa o chiamata come il fiume né il fiume come la fonte? E tuttavia chi avrà
                  visto il fiume vede anche la fonte. Esercitati prima nella spiegazione di queste cose ed
                  esamina, se sei capace, ciò che hai tra le mani: e allora passeremo a realtà più sublimi. E
                  non credere che io ti voglia convincere a salire subito dalla terra al di sopra dei cieli; ma
                  prima, se sei d’accordo, ti condurrò a questo firmamento che si vede con gli occhi, e
                  qui, se sei capace, spiega la natura di questa luce visibile: in che modo questo fuoco
                  celeste generi da sé lo splendore della luce; in che modo produce anche il vapore; e pur
                  essendo tre di fatto, tuttavia nella sostanza sono una cosa sola.
                  Se sarai riuscito a indagare tutte queste realtà, sappi che il mistero della generazione
                  divina è tanto più eccelso e trascendente quanto il creatore è più potente delle creature,
                  quanto l’artefice è superiore alla sua opera, quanto colui che sempre è, è più nobile di
                  colui che ha cominciato ad essere dal nulla. Perciò bisogna credere che Dio è Padre del
                  suo  unico  Figlio  e  nostro  Signore,  non  bisogna  sottoporlo  ad  esame.  Infatti  non  è
                  permesso allo schiavo discutere circa la nascita del padrone. Lo ha affermato il Padre
                  dal  cielo  dicendo:  «Questo  è  il  mio  Figlio  diletto,  nel  quale  mi  sono  compiaciuto:
                  ascoltatelo» (Mt 17, 5): il Padre afferma che quello è suo Figlio e comanda di ascoltarlo.
                  Il Figlio dice: «Chi ha visto me ha visto anche il Padre», e: «Io e il Padre siamo una
                  cosa sola», e: «Io sono uscito da Dio e sono venuto in questo mondo» Gv 14, 9; 10, 30;
                  16, 28). Ma allora chi oserà mettersi in mezzo, per discutere, fra queste parole del Padre
                  e  del  Figlio,  e  dividere  la  divinità,  distinguere  la  loro  volontà,  spezzare  la  sostanza,
                  tagliare a mezzo lo Spirito, dire che non è vero ciò che afferma la verità?. Perciò Dio è
                  vero Padre, in quanto Padre della verità, e non crea dall’esterno ma da ciò ch’egli stesso
                  è genera il Figlio: in quanto sapiente genera la sapienza, in quanto giusto la giustizia, in
                  quanto  eterno  l’eternità,  in  quanto  immortale  l’immortalità,  in  quanto  invisibile
                  l’invisibile, in quanto luce lo splendore, in quanto mente la parola.

                  5. Quando poi abbiamo detto che la Chiesa d’Oriente tramandano un solo Dio Padre
                  onnipotente  e  un  solo  Signore,  bisogna  intenderlo  in  questo  modo:  uno  è  detto  non
                  riguardo al numero ma riguardo alla totalità. P. es., se uno dice: un uomo, o: un cavallo,
                  qui egli ha introdotto uno in senso numerico; infatti ci può essere un secondo uomo e un
                  terzo, e così per il cavallo. Ma là dove non si può aggiungere un secondo e un terzo, se
                  si dice uno, questo nome non ha valore numerico ma indica la totalità. Così, se, p. es.,
                  diciamo: un sole, qui uno è detto in modo tale che non si può aggiungere un secondo e
                  un terzo: infatti il sole è uno solo. Perciò ben più a ragione quando si dice un solo Dio,
                  uno è detto con valore non di numero ma di totalità: cioè, egli è detto uno solo perché
                  non ce n’è altri. Analogamente anche riguardo  al  Signore bisogna intendere  che uno
                  solo è il Signore Gesù Cristo, per mezzo del quale Dio Padre esercita la dominazione su
                  tutte le cose. Di conseguenza la parola che segue definisce Dio onnipotente.




                  RUFINO DI AQUILEA – Spiegazione del Simbolo                                   pag. 4 di 27
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