Page 22 - Sermoni
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cadere, perché non sarebbe arrestata dal fondo. Così l’uomo dovrebbe avere un
affondamento e una caduta senza fondo nel Dio senza fondo, ed essere fondato
in lui, per pesanti che fossero le cose che gli piombano addosso, qualunque
fossero le sofferenze interiori ed esteriori e anche i suoi propri difetti, che Dio
spesso infligge per il suo grande bene. Tutto ciò dovrebbe immergere l’uomo
sempre più profondamente in Dio, ed egli non dovrebbe mai accorgersi del
proprio fondo né toccano e turbarlo, e neppure deve ricercare né avere di mira
se stesso; egli deve avere di mira Dio solo, nel quale è inabissato. Chi cerca
qualcosa, non cerca Dio. Tutto il favore, il fondo e l’intenzione dell’uomo
devono essere per lui, per lui la gloria, per lui la volontà, la fedeltà, giammai
per la nostra utilità o piacere, né per la nostra propria elevazione o ricompensa.
Cerca lui solo, di’ con il Figlio diletto: «Non cerco la mia gloria ma quella del
Padre». Sappi che, se cerchi qualche altra cosa, sei nel falso e manchi. Un
bicchiere, per bello che sia, se ha un forellino come una punta d’ago, non è
integro; per piccola che sia la frattura, esso non è intatto né perfetto.
Non spaventatevi per questo, care figlie, voi ci arriverete bene! In cielo ci
sono persone grandi e piccole, come si trovano degli uomini grandi e dei
giganti e pure degli uomini deboli che si potrebbero spingere a terra con un
dito, e nondimeno sono tutti uomini. Lo stesso è nel nostro campo: tra mille
persone non si trova, o quasi, un uomo perfetto. Alcuni si sono abbandonati e si
ritrovano una volta all’anno senza abbandono: «Ahimè, ti ho ancora ritrovato!
Credevo di averti seppellito, e purtroppo tu vivi ancora!». Altri si ritrovano una
volta al mese, altri una volta alla settimana, altri una volta al giorno, altri più
volte al giorno. Essi devono dire con cuore piangente: «Ahimè e sempre ahimè,
amabile Dio, perché tocca a me, poveretto?». E pure: «Che cosa mi accadrà dal
momento che, poveretto, mi ritrovo così spesso? Veramente, devo sempre
abbandonarmi di nuovo, iterum relinquo mundum, devo di nuovo ricominciare».
Tu devi morire, scomparire e annientarti tanto spesso e sempre di nuovo, finché
ciò avviene. Un volo di rondine non ci annuncia l’estate ma, quando esse
vengono di frequente e in molte, si sa che l’estate è là. Che l’uomo si abbandoni
una o due o venti volte, non è perfetto per questo; ma, se in verità lo fa assai
spesso e sempre di nuovo, può risultarne qualcosa. Si ascolta una lezione così a
lungo e così spesso che alla fine si sa bene. Così se un uomo si abbandona
sempre di nuovo, lo sa fare ed è distaccato del tutto. Ora non ci manca che
l’applicazione e l’attenzione. Così se ne vengono delle persone e parlano della
più alta perfezione e non hanno ancora cominciato il meno; esse non sanno
abbandonarsi neppure davanti a una parolina; non hanno abbandonato né le
creature, né il mondo, né se stesse.
Che Dio ci aiuti ad abbandonare tutto, come lui lo vuole da noi. Amen.