Page 29 - La Menzogna
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vista dell’utile che arrecano nella vita presente, peccano soltanto coloro che commettono
                  il male, estraniandosi così dalla vita eterna, e non coloro a danno dei quali si commette il
                  male. Se pertanto uno si lascia togliere tali beni sia per non compiere il male sia per non
                  subire  conseguenze  più  gravi  nei  riguardi  degli  stessi  beni,  non  solo  non  commette
                  peccato ma agisce, nel primo caso, con fortezza e in modo encomiabile; nel secondo con
                  profitto e senza cadere in colpa. Quanto invece ai beni che si tutelano per motivi di santità
                  o  di  religione,  se  gli  iniqui  vorranno  sottrarceli  ricorrendo  alla  violenza,  potremo
                  salvaguardarli anche ricorrendo a peccati più piccoli, ma non certo recando del danno al
                  prossimo,  qualora  questa  condizione  venga  posta  e  ci  sia  possibilità  [d’agire
                  diversamente]. In tal caso quanto si compie per evitare i peccati più gravi cessa d’essere
                  peccato.  In  questo  senso,  quando  si  tratta  d’un  qualche  bene  utile,  come  il  denaro  o
                  qualche altro oggetto che risulti vantaggioso per il corpo, noi non parliamo di danno se si
                  perde qualcosa per ottenere un guadagno più cospicuo. Allo stesso modo nelle cose sacre
                  non chiamiamo peccato ciò che si compie per non commettere un peccato più grave. Che
                  se si chiama danno anche ciò che si perde al fine di non perdere il di più, potrà anche
                  quella  perdita  chiamarsi  peccato,  ma  nessuno  dubiti  che  lo  si  possa  commettere  per
                  evitare il danno più grave, come nessuno dubita che occorre tollerare un danno minore al
                  fine di evitarne uno maggiore.

                  Verecondia, castità, verità.

                  19. 40. Per conseguire la santità dobbiamo esser forniti di queste tre doti: la verecondia
                  del corpo, la castità del cuore, la verità della dottrina. Quanto alla verecondia del corpo,
                  nessuno  può  violarla  senza  il  consenso  e  l’approvazione  dell’anima.  Non  è  infatti
                  impudicizia una cosa, qualunque sia, che ci raggiunga nel corpo per una violenza esterna
                  senza che noi diamo alcun consenso, anzi restando contrari. Riguardo a questo, possono
                  esserci dei motivi per permettere la cosa ma nessuno per acconsentirvi. Vi acconsentiamo
                  quando  approviamo  il  male  e  lo  vogliamo;  non  lo  vogliamo  invece  ma  solo  lo
                  permettiamo  quando  lo  facciamo  per  evitare  una  qualche  sconcezza  più  grave.  Se  al
                  contrario si acconsente all’impudicizia del corpo, un tale atto viola anche la castità del
                  cuore. In effetti la castità del cuore consiste nella volontà rivolta al bene e nell’amore
                  sincero, che non è violato se non quando amiamo e desideriamo ciò che la Verità ci
                  insegna di non dover amare o desiderare. Occorre dunque conservare la nitidezza della
                  dilezione  tanto  verso  Dio  quanto  verso  il  prossimo,  poiché  è  con  essa  che  viene
                  consacrata  la  castità  del  cuore.  Con  tutte  le  forze  e  con  devote  suppliche  ci  si  deve
                  impegnare  affinché,  quando  fosse  insidiata  la  pudicizia  del  nostro  corpo,  nessuna
                  attrattiva venga a toccare i sensi dell’anima, nemmeno quelli che, essendo più all’esterno,
                  sono collegati con la carne. Se questo non sarà possibile, si conservi la castità del cuore
                  negando il consenso [a tali moti]. Nella castità del cuore è poi importante conservare i
                  requisiti dell’innocenza e della benevolenza, per quel che riguarda l’amore del prossimo,
                  e la pietà per quanto riguarda l’amore di Dio. L’innocenza sta nel non nuocere ad alcuno,
                  la  benevolenza  si  ha  quando  ci  rendiamo  utili  a  chi  ci  è  possibile;  la  pietà  consiste
                  nell’onorare Dio. Quanto alla verità della dottrina, della religione e della pietà, è questa
                  che si viola quando si dicono menzogne, poiché la Verità in se stessa, la Verità somma e
                  nascosta nell’anima che è all’origine della dottrina, non la si può in alcun modo violare.
                  Ad essa si potrà giungere e con lei rimanere ed a lei aderire soltanto allorché questo corpo
                  corruttibile  avrà  rivestito  l’incorruttibilità  e  questo  corpo  mortale  avrà  rivestito
                  l’immortalità. Ma siccome nella vita presente la pietà consiste totalmente in un esercizio





                  Agostino – Menzogna                                                        pag. 27 di 30
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