Page 33 - Il Maestro
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discernono se egli è idoneo ad apprendere allo stesso modo
dell'interlocutore. Ad esempio, io ti potrei chiedere sull'argomento in
esame, se cioè si può insegnare con le parole. A te dapprima sembrerebbe
assurdo perché non sei capace di scorgere l'intero. Sarebbe quindi
opportuno, secondo che le tue forze sono disposte ad ascoltare il maestro
interiore, chiederti: " Da chi hai appreso le cose che, sulla base delle mie
parole, ritieni vere, di cui sei certo e che affermi di conoscere? ". Tu
risponderesti forse che te le ho insegnate io. Ed io replicherei: " E se ti
dicessi che ho visto volare un uomo, le mie parole ti renderebbero cosi
certo come se tu udissi che i saggi sono più perfetti degli insipienti? ".
Diresti di no certamente e risponderesti che la prima affermazione non la
credi o che, se proprio dovessi credere, non ne hai scienza, ma che della
seconda hai scienza innegabile. Capiresti allora che dalle mie parole non
hai appreso nulla, tanto riguardo alla prima, di cui non avresti scienza
nonostante la mia affermazione, come riguardo alla seconda, di cui
avresti la scienza più perfetta. Anche se tu fossi interrogato
separatamente sull'uno e sull'altro, affermeresti decisamente che il primo
enunziato ti è ignoto, il secondo noto. Dovresti ammettere allora l'assunto
che precedentemente avevi negato, poiché conosceresti che son chiari e
certi i principi su cui si fonda, e cioè che l'uditore o ignora che sono veri
gli argomenti dei nostri discorsi, o non ignora che son falsi, o sa che son
veri. Nel primo dei tre casi si danno o il credere o l'opinare o il dubitare,
nel secondo il negare decisamente, nel terzo l'affermare, in nessuno dei
tre casi l'apprendere. È ovvio infatti che dalle mie parole non ha appreso
nulla tanto chi dopo il nostro discorso non ha acquisito scienza
dell'oggetto, come chi sa di avere ascoltato il falso e chi, interrogato,
sarebbe capace di fare il medesimo discorso fatto da noi.
Non si apprende dalle parole.
13. 41. Pertanto anche per quanto riguarda gli oggetti che si intuiscono
con la mente, inutilmente ascolta il discorso di chi intuisce chi non è
capace d'intuirli, fatta riserva che è utile ammetterli per fede finché non se
ne ha scienza. Ma chi può intuirli è interiormente discepolo della verità,
esternamente è giudice di chi parla o meglio delle parole perché egli
stesso ha scienza degli oggetti di cui si parla, sebbene li ignori chi ne
parla. Ad esempio un tale della setta degli Epicurei, che ritiene l'anima
mortale, espone gli argomenti che sull'immortalità sono stati proposti dai
più eccellenti pensatori alla presenza di chi è capace di comprendere
l'essenza degli esseri spirituali. Questi giudica che l'altro dice il vero, ma
quegli che parla non solo ignora di esporre pensieri veri, anzi li giudica