Page 6 - Elogio dei perfetti cristiani
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non bere di questo vino. Ciò è ben noto a quanti hanno in sospetto ciò che è
                  della loro volontà, a quanti non confidano in se stessi ma si affidano al giudizio
                  di un altro per essere guidati, a quanti sono presi dal timore di voler qualcosa
                  da se stessi e come frutto della propria iniziativa. Per questo essi si incatenano
                  con legami di obbedienza, si costringono sotto le leggi della disciplina regolare,
                  convertono la loro volontà in obbligo, conducono la libertà in schiavitù; e tutto
                  questo a causa di Cristo, affinché in Cristo la schiavitù sia libera e l’obbligo sia
                  volontario.  Poiché  essi  sono  tanto  più  liberi  in  Cristo  quanto  più  il  loro
                  volontario  impegno  li  ha  incatenati  all’obbedienza.  È  questa  la  prima  e  la
                  principale astinenza dei nazirei.
                  Quanto alla bevanda inebriante che è il piacere carnale, essa pure è spillata dal
                  torchio della disobbedienza, e proviene dal frutto dell’albero proibito. La donna
                  vide  che  era gradito  alla  vista,  dolce  da  mangiare.  Nacquero  allora  il  piacere
                  della gola, la concupiscenza della carne e la concupiscenza degli occhi. I nazirei
                  si astengono dalle bevande inebrianti perché essi non seguono la carne nei loro
                  desideri,  ma  attraverso  l’astinenza,  la  temperanza  e  la  disciplina  portano
                  dappertutto nella loro carne la morte di Gesù. Si astengono anche da ogni altra
                  cosa  che  possa  inebriare  perché  rifuggono  dai  molteplici  errori  della  vita
                  secolare: non mettono la loro fede in ciò che è perituro e calpestano sotto i piedi
                  tutta la gloria mondana, contemplando la terra da lontano.
                  Lo splendore dei nazirei sta nel raggiungimento di questa triplice astinenza: ed
                  è uno splendore che supera lo splendore della neve. Lo splendore di chi pratica
                  l’astinenza  è  neve;  ma  c’è  differenza  fra  quanti  praticano  l’astinenza  e  fra  le
                  varie gradazioni di splendore, così come fra il pieno compimento e il mancato
                  compimento. Per questo sta scritto: «Quando Colui che è celeste fa differenza
                  tra i re, su di essa saranno imbiancati di neve nello Zalmon». Quanti usano in
                  modo lecito del mondo sono resi splendidi come da neve; ma quanti del mondo
                  non usano affatto sono più splendenti. Lo splendore di quelli sta nell’astenersi
                  dalle  cose  illecite,  lo  splendore  di  questi  sta  nel  trattenersi  anche  dalle  cose
                  lecite.  Quelli  si  agitano  e  si  preoccupano  per  molte  cose  perché  molte  cose
                  amano oltre a Dio e non a causa di Dio, anche qualora nulla amino più di Dio: e
                  così il loro amore si trova diviso. Poiché tutto l’amore che viene consumato per
                  realtà mortali è per ciò stesso sottratto alla perfezione dell’amore divino: ciò che
                  è  sparpagliato  è  sempre  più  debole  di  ciò  che  è  radunato  in  unità.  L’acqua
                  divisa fra molti rivoli scorre in ciascuno di essi in piccola quantità. Così anche
                  l’amore. Ha detto qualcuno a proposito di un amore certo vano, ma pur sempre
                  amore:  «Quando  lo  spirito,  in  due  parti  spaccato,  si  diffonde  da  una  parte  e
                  dall’altra, ciascun amore priva l’altro di forze».
                  Raduniamo  dunque  in  unità  tutto  il  nostro  amore,  che  non  si  sparpagli  in
                  troppe  direzioni;  richiamiamo  dalla  molteplicità  ogni  pulsione  e  tensione
                  d’amore.  Così  tutto  ciò  che  è  impeto  d’amore  potrà  riversarsi  nell’unità  e
                  mettersi in cerca dell’Uno, di quell’Uno che è degno di tutto il nostro benvolere,
                  cui è dovuta la totalità dell’amore, che anche se gli si dona la totalità dell’amore
                  non  può  mai  essere  degnamente  amato.  Poiché  c’è  violazione  della  legge
                  quando vien sottratto qualcosa a  colui al quale tutto  è  dovuto. Questo  è  uno
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