Page 4 - Elogio dei perfetti cristiani
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pensare. Perché l’uomo non è che putredine, l’essere umano è un verme. Se è
così (e così è), che cos’è la bellezza dell’essere umano se non la bellezza di un
verme? E che cos’è un uomo bello se non un bel putridume? Che cos’è un uomo
illustre se non il nobile germoglio di uno schifoso marciume? Con il beato
Giobbe egli può dire alla putredine: «Padre mio sei tu!» E ai vermi: «Madre mia,
sorelle mie!». La bellezza del corpo può trovar gloria presso gli uomini, ma non
presso Dio, perché è priva del merito della virtù e non ha la speranza del
premio. Dio, l’arbitro che vive nel nostro profondo e che presta attenzione al
cuore, ama la bellezza interiore. Il profeta si rivolge alla figlia del re e dice: «Al
re piacerà la tua bellezza». Precisa poi dove si trova questa bellezza, perché a
nessuno sfugga ch’essa è interiore: «La gloria della figlia del re è tutta interiore,
è nei tessuti d’oro».
Dunque la bellezza dei nazirei è interiore, non esteriore. Essi sono così
denominati a causa del fiore della santificazione, non di quello dell’erba, che è
poi quello della carne: ogni carne infatti è come l’erba, e tutta la sua gloria è
come fiore dell’erba. Sta scritto invece: «Il giusto fiorirà come palma», e ancora:
«Piantati nella casa del Signore fioriranno negli atri del nostro Dio». E un altro
passo dice: Fate fiorire fiori come il giglio, e mettete fronde nella grazia». Ma
dove fiorisce il giglio? Cristo viene concepito a Nazareth, è il fiore nel fiore della
verginità e della santificazione. Di Cristo così dice il Padre: «Su di lui fiorirà la
mia santificazione». E Cristo dice di se stesso: «Io sono un fiore del campo, un
giglio delle valli». Nel libro della Sapienza poi si legge: «Fate fiorire fiori come il
giglio»; e Cristo dice: «Siate santi, perché io sono santo». Ebbene, del profumo
di questo giglio sono impregnati tutti i nazirei, che attorno a sé lo spandono.
Quanti infatti nel tempo della legge furono nazirei, santificati per il Signore,
vennero prima come figura di Cristo, e poiché si astenevano dal vino e da ogni
genere di bevanda inebriante, con la loro astinenza e tutta la loro vita
rappresentarono i futuri imitatori di Cristo.
Anche i figli di Ionadab si astenevano dal vino. Ionadab aveva ordinato loro di
non bere vino, e quelli obbedirono alla voce del padre loro. Per questo dice il
Signore: «Dalla stirpe di Ionadab non verrà mai a mancare qualcuno che stia
sempre alla mia presenza». Se, come ci assicurano le parole del Signore, non
verrà mai a mancare dalla stirpe di Ionadab qualcuno che sempre stia alla sua
presenza, ecco che anche ai giorni nostri vi sono dei figli di Ionadab, imitatori di
Cristo, che stanno alla presenza del Signore. E infatti il vero Ionadab è Cristo,
sempre pronto con tutto il cuore a una totale obbedienza, secondo il significato
del nome Ionadab. Pronto è colui che dice: «Di tutto cuore ti offrirò un
sacrificio»; nazireo e pronto è colui la cui voce risuona nel salmo: «Ed è rifiorita
la mia carne, e con tutto il mio cuore gli renderò grazie» . Le parole «con tutto il
mio cuore» si riferiscono allo Spirito, perché dove c’è lo Spirito c’è libertà; le
parole che precedono, «ed è rifiorita la mia carne», non si riferiscono alla gloria
presente di questa nostra carne voluttuosa, che è fiore dell’erba, ma alla
speranza della resurrezione gloriosa e alla fioritura della carne santificata, che
vien fatta morire con le sue passioni e i suoi desideri.