Page 5 - Elogio dei perfetti cristiani
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I. LO SPLENDORE DEI NAZIREI

                  L’astinenza dei nazirei e dei figli di Ionadab era sacramento, esempio e segno.
                  Per essi fu sacramento di santificazione, per noi è esempio da imitare e segno
                  per  la  nostra  istruzione.  Da  esso  infatti  siamo  formati  spiritualmente  a  una
                  triplice astinenza.
                  Tre  sono  le  cose  che  in  un  oblio  generato  da  ubriachezza,  in  un’ubriacatura
                  generatrice di oblio, distolgono i cuori degli uomini dall’amore di Dio: l’amore
                  della propria individualità, l’amore della propria carne, l’amore del mondo. In
                  altri  termini,  l’amore  per  la  volontà  propria,  l’amore  per  il  piacere  carnale,
                  l’amore  per  la vanità  mondana.  L’amore  per  il  mondo  è  vano,  l’amore  per  il
                  piacere è dolce, l’amore per la volontà propria è tenace: quanto maggiore è la
                  tenacia, la caparbietà con cui la propria individualità ama se stessa e a se stessa
                  si attacca, tanto più remota è la possibilità che possa staccarsi o separarsi da se
                  stessa.  Difficilmente  un’anima  giunge  ad  amare  qualcosa  più  della  propria
                  volontà, del proprio sentire. Quando perciò si ritrae dalla volontà propria, quasi
                  strappata da se stessa si sente insanguinata come se avesse ricevuto una ferita.
                  L’amore per la volontà propria è un vino che ubriaca la mente e ne sconvolge
                  tutti i sensi: l’udito perché  non ascolti l’obbedienza; gli occhi, che  sono  poi il
                  discernimento, perché non vedano la verità; e così svuota delle loro prerogative
                  tutti i sensi interiori, mandando in mezzo a loro uno spirito di vertigine.
                  Non è certo questo il vino che va dato a chi è afflitto. Quelli che si affliggono e
                  piangono  i  peccati  della  volontà  propria  si  inebriano  di  un  vino  di
                  compunzione,  si  dissetano  di  un  vino  che  allieta  il  cuore  dell’uomo  nella
                  promessa  e  nella  speranza  della  salvezza:  per  cui  beati  sono  quelli  che
                  piangono,  perché  saranno  consolati.  E  in  questo  senso  che  vien  detto:  «Date
                  vino a chi è afflitto, e bevande inebrianti a chi ha l’amarezza nel cuore»; mentre
                  vien  detto,  al  contrario,  «non  dare,  Lemuel,  non  dare  vino  ai  re;  perché  ove
                  regna  l’ebbrezza  non  vi  è  alcun  segreto.  Non  accada  che  essi  bevano  e
                  dimentichino i giudizi di Dio». Il vino della volontà propria è filtrato e spillato
                  dal torchio della disobbedienza; proviene dall’uva acerba che i nostri padri han
                  mangiato e i denti dei figli si sono allegati. Adamo, padre della disobbedienza,
                  ha versato questo vino della volontà propria, e nella sua solitudine ha propinato
                  ai suoi un filtro di morte, quasi dicendo: «Bevetene tutti». Fino ad ora bevono
                  ad esso tutti i peccatori Cristo, al contrario, che non  è venuto per fare la sua
                  volontà  ma  quella  del  Padre,  ha  propinato  il  calice  dell’obbedienza  fino  alla
                  morte quando ci ha detto: «Bevetene tutti». Bevete da questo che io vi offro, non
                  da  quello  che  vi  offre  Adamo.  I  Giudei  increduli  e  disobbedienti,  al  Signore
                  appeso alla croce e assetato della loro salvezza porgevano vino, quel vino che
                  consisteva  nella  loro  vita  perversa.  Ma  egli,  assaggiatolo,  non  ne  volle  berlo:
                  non consenti ad esso, si astenne dal vino secondo l’uso dei nazirei. Era infatti un
                  vino  che  veniva  da  uva  velenosa,  dal  ceppo  di  Sodoma,  dalle  piantagioni  di
                  Gomorra. Questo vino della volontà propria e della disobbedienza è vietato ai
                  nazirei, come pure ai figli di Ionadab: non ne devono bere. È bene per l’uomo
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