Page 6 - Dialogo tra un'anima illuminata e una priva di luce
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affinché si convertisse e facesse penitenza, si liberasse della sua immagine
                  larvale e ritornasse al Paradiso.

                  24. Manifestatasi così in lei la scintilla della luce celeste, l’anima guardò
                  tutte  le  sue  opere  e  intenzioni,  comprese  di  giacere  nell’inferno  e  nella
                  collera  di  Dio,  conobbe  d’essersi  fatta  una  larva,  un  mostro  al  cospetto
                  Suo  e  del  regno  celeste.  Di  ciò  si  prese  spavento  e  cadde  in  grave
                  angoscia, poiché le si era mostrata la giustizia divina.


                  25. Con voce misericordiosa parlò quindi in lei Cristo Signore:  “Pentiti,
                  lascia la vanità e vieni alla mia grazia”.

                  26. L’anima si presentò a Dio nella sua immagine di larva, e con la veste
                  contaminata dalla vanità implorò da Lui il perdono delle proprie colpe,
                  sperando nella benevolenza di nostro Signore Gesù Cristo.


                  27. Le cattive qualità del serpente forgiato nello spirito astrale non vollero
                  però  lasciare  la  volontà  dell’anima  al  cospetto  di  Dio,  e  perciò
                  introdussero  nuovamente  in  essa  la  brama  e  il  piacere,  poiché  non
                  volevano  lasciar  estinguere  il  piacere  e  abbandonare  gli  onori  e  gli
                  splendori  del  mondo,  di  cui  pure  temevano  le  beffe.  La  povera  anima
                  però volgeva lo sguardo a Dio, bramando ardentemente la Sua grazia e il
                  Suo amore.


                  28.  Il  diavolo,  visto  che  l’anima  pregava  Dio  desiderosa  di  penitenza,
                  insinuò  nella  preghiera  la  propensione  alle  qualità  terrestri  c  confuse  i
                  buoni  pensieri  che  si  volgevano  solleciti  a  Dio,  affinché  essi  non
                  andassero  a  Lui  ma  tornassero  verso  le  cose  terrene.  La  volontà
                  dell’anima  gemeva  per  Dio,  ma  i  pensieri  che  da  essa  nascevano  per
                  penetrare in Lui erano distrutti senza giungere alla potenza divina.

                  29. La povera anima, vedendo di non poter consegnare a Dio la propria
                  brama,  si  spaventò  molto  e  rafforzò  l’impeto  della  preghiera;  ma  il
                  diavolo  afferrò  l’infuocata  ruota  mercuriale  della  vita  con  la  propria
                  bramosia,  destando  le  cattive  qualità  affinché  sorgessero  le  malvagie
                  inclinazioni e penetrassero là dove già in precedenza s’erano sollazzate.


                  30. La povera anima, che voleva con la sua volontà raggiungere Dio, si
                  angosciò molto, ma i pensieri tutti non volevano andare a Lui e fuggivano
                  verso le cose terreno. Ella gemeva e piangeva per Dio, come fosse stata
                  cacciata dal Suo volto senza ottenere uno sguardo dalla grazia; giaceva
                  nell’angoscia, nel timore e nel tremore, stava in attesa della collera di Dio
                  e  del  Suo  severo  giudizio,  e  di  essere  catturata  dal  diavolo.  Cadde
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