Page 7 - Confessioni
P. 7

ove eravamo costretti a passare, moltiplicando la fatica e la sofferenza dei figli di Adamo. Vi trovammo
                  per  altro,  Signore,  alcuni  uomini  che  ti  pregavano,  e  da  loro  venimmo  a  conoscere,  per  il  poco  che
                  potevamo intenderti, la tua esistenza, quale di un essere grande, che può darci ascolto e soccorso anche
                  senza  manifestarsi  ai  nostri  sensi.  Così,  fanciullo,  incominciai  a  pregarti,  soccorso  e  rifugio  mio.
                  Scioglievo per invocarti i nodi della mia lingua, ti pregavo, piccoletto ma con non piccolo affetto, che tu
                  mi evitassi le busse del maestro; e se non mi esaudivi, non certo, riguardo a me, per un fine stolto, gli
                  adulti e persino i miei genitori, i quali non volevano che mi toccasse alcun male, ridevano dei colpi che
                  ricevevo e che costituivano allora per me una sofferenza ingentee grave.

                  9.  15.  Esiste,  Signore,  un  cuore  così  grande, unito a te da straordinario amore, esiste, dico, un uomo,
                  poiché a tanto si può anche giungere per una sorta di follia; esiste dunque alcuno, che, per essere unito
                  devotamente a te, provi un’emozione così intensa, da fare poco conto di cavalletti e unghioni e altri simili
                  strumenti di tortura, che in ogni parte della terra la gente atterrita ti scongiura di poter evitare; eppure
                  nutra  dell’amore  verso  questi  altri,  che  ne  provano  un  aspro  terrore?  Non  altrimenti  i  nostri  genitori
                  ridevano dei castighi inflitti a noi fanciulli dai maestri. Noi infatti non li temevamo meno delle torture, né
                  meno t’imploravamo di risparmiarceli; eppure mancavamo o nello scrivere o nel leggere o nello studiare
                  meno di quanto si esigeva da noi. Non che mi difettasse, Signore, la memoria o l’intelligenza: tu me ne
                  volesti dotare a sufficienza per quell’età; ma mi piaceva il gioco e ne ero punito da chi, a buon conto, non
                  si baloccava meno di me. Senonché i balocchi degli adulti sono chiamati affari, mentre quelli dei fanciulli,
                  per quanto simili, sono puniti dagli adulti. E alla fine non c’è pietà per i fanciulli, o per gli altri, o per
                  entrambi.  Un  giudice  onesto  potrebbe  approvare  le  busse  che  mi  si  davano,  poiché,  se  da  fanciullo
                  giocavo alla palla, il gioco m’impediva di apprendere rapidamente le lettere, grazie a cui da grande avrei
                  eseguito  più  tristi  giochi.  Ma  proprio  chi  mi  dava  le  busse,  agiva  diversamente?  Se  un  collega
                  d’insegnamento lo superava in qualche futile discussione, si rodeva dalla bile e dall’invidia più di me,
                  quando rimanevo sconfitto dal mio compagno di gioco in una partita alla palla.


                  Disubbidienza dello scolaro per amore del gioco

                  10. 16. Con tutto ciò io peccavo, Signore Dio, ordinatore e creatore di quante cose esistono nella natura,
                  dei peccati ordinatore soltanto. Signore Dio mio, peccavo contravvenendo ai precetti dei miei genitori e
                  dei miei maestri di allora, perché più tardi avrei potuto giovarmi in bene dell’istruzione letteraria a cui i
                  miei, qualunque motivo li ispirasse, volevano che attendessi; né allora disubbidivo scegliendo di meglio,
                  ma per amore del gioco, amando le vittorie esaltanti nelle gare e lo strisciare di favole irreali nelle mie
                  orecchie, che vi eccitava un più ardente prurito. La stessa curiosità mi sfavillava ogni giorno più negli
                  occhi e mi trascinava agli spettacoli, giochi di adulti, che pure, chi li organizza, eccelle e fruisce di tale
                  considerazione,  da  auspicarla  solitamente  anche  per  i  propri  figli  senza  per  questo  rammaricarsi  della
                  punizione che toccano, se dagli stessi spettacoli si lasciano distrarre dallo studio, il mezzo con cui sperano
                  di condurli a organizzare gli spettacoli. Guarda, Signore, con misericordia a queste incoerenze e libera
                  noi che ora t’invochiamo; liberane pure coloro che ancora non t’invocano, sì che possano invocarti ed
                  esserne liberati.

                  Una grave malattia
                  11. 17. Avevo udito parlare sin da fanciullo della vita eterna, che ci fu promessa mediante l’umiltà del
                  Signore  Dio  nostro,  sceso  fino  alla  nostra  superbia;  e  già  ero  segnato  col  segno  della  sua  croce,  già
                  insaporito col suo sale fino dal primo giorno in cui uscii dal grembo di mia madre, che sperò molto in te.
                  Tu, Signore, vedesti, ancora durante la mia fanciullezza, un giorno che per un’occlusione intestinale mi
                  assalì  improvvisamente  la  febbre  e  fui  lì  lì  per  morire,  vedesti,  Dio  mio,  essendo  fin  d’allora  il  mio
                  custode, con quale slancio di cuore e quanta fede invocai dalla pietà di mia madre e dalla madre di noi
                  tutti, la tua Chiesa, il battesimo del tuo Cristo, mio Dio e Signore. E già tutta sconvolta la madre della mia
                  carne,  avendo  più  caro  di  partorire  dal  suo  cuore,  casto  nella  tua  fede,  la  mia  salvezza  eterna,  si
                  preoccupava  di  affrettare  la  mia  iniziazione  ai  sacramenti  della  salvezza,  da  cui  fossi  mondato
                  confessando te, Signore Gesù, per la remissione dei peccati, quando improvvisamente mi ripresi. Così la
                  mia purificazione fu differita, quasi fosse inevitabile che la vita m’insozzasse ancora, e certamente col
                  pensiero che dopo il lavacro del battesimo più grande e rischiosa sarebbe stata la mia colpa nelle sozzure
                  dei  peccati.  Dunque allora io credevo, come mia madre e tutta la casa, eccettuato soltanto mio padre.
                  Questi  non  sopraffece  però  nel  mio  cuore  i  diritti  dell’amore  materno  al punto di togliermi la fede in
                  Cristo, fede che ancora non aveva. Lei si adoperava a fare di te, mio Dio, il mio padre in vece sua, e tu




                  Agostino – Confessioni                                                     pag. 5 di 134
   2   3   4   5   6   7   8   9   10   11   12