Page 5 - Confessioni
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questi tempi miei. Ed ecco che a poco a poco incominciai ad avere anche coscienza del luogo ove mi
trovavo; volevo manifestare i miei desideri alle persone che erano in grado di soddisfarli, senza esito
alcuno, poiché i primi stavano nel mio interno, le seconde all’esterno e con nessuno dei loro sensi
potevano penetrare nel mio animo. Perciò mi dibattevo e strillavo, esprimendo così per analogia i miei
desideri, quanto poco potevo, e come potevo, in maniera, difatti, irriconoscibile. Eppure, se non ero
accontentato, o per non essermi fatto intendere, o per il danno che ne avrei avuto, mi stizzivo e mi
vendicavo strillando contro persone maggiori di me che non si piegavano alla mia volontà, e persone
libere che non mi si facevano schiave. Tale è la natura dei bambini. La scoprii più tardi, conoscendoli. E
che tale fosse anche la mia, me lo insegnarono meglio essi inconsapevolmente, che i miei educatori
consapevoli.
Eternità di Dio
6. 9. Ed ora, ecco la mia infanzia da gran tempo morta, e me vivo. Tu però, Signore, sempre vivo e di cui
nulla muore perché prima dell’inizio dei secoli e prima di ogni cosa cui pure si potesse dare il nome di
“prima” tu sei e sei Dio e Signore di tutte le cose, create da te, e in te perdurano stabili le cause di tutte le
cose instabili, e di tutte le cose mutabili si conservano in te immutabili i princìpi, e di tutte le cose
irrazionali e temporali sussistono in te sempiterne le ragioni; dimmi dunque, ti supplico, Dio
misericordioso verso questa tua creatura miserabile, dimmi: la mia infanzia succedette a un’altra mia età,
allora già morta? A quella forse da me trascorsa nelle viscere di mia madre? Su questa mi fu dato invero
qualche ragguaglio, e io stesso, del resto, vidi qualche donna incinta. Ma prima ancora di questa, o mia
dolcezza, mio Dio? Fui da qualche parte, fui qualcuno? Chi potrebbe rispondermi? Non ho nessuno; né
mio padre né mia madre poterono dirmelo, né l’esperienza altrui né la memoria mia. O tu ridi di me, che ti
pongo tali domande, e mi ordini di lodarti piuttosto e confessarti per quanto so?
Prime forme di vita
6. 10. Ti confesso, Signore del cielo e della terra, dandoti lode per i primordi e l’infanzia della mia vita,
che non ricordo. Tu però concedesti all’uomo di ricostruire il proprio passato dal comportamento altrui e
di credere sul proprio conto molte cose persino in base alle asserzioni di alcune donnicciuole. Io dunque
ero già vivo allora, e sul finire dell’infanzia cominciai a ricercare qualche segno, con cui manifestare agli
altri i miei sentimenti. Un essere vivente di tal fatta da chi poteva derivare, se non da te, Signore?
Potrebbe mai qualcuno essere autore della propria creazione? O fra i rigagnoli da cui fluisce a noi
l’esistenza e la vita, qualcuno deriva mai da fonte diversa dalla tua creazione, Signore? Per te esistere e
vivere non sono due atti distinti, poiché la massima esistenza e la massima vita sono la medesima cosa.
Tu, Essere massimo, non muti, la giornata odierna non si consuma in te, sebbene in te si compia, poiché
anche tutte le cose di questo mondo sono in te; non avrebbero vie per cui passare se tu non le contenessi.
E poiché i tuoi anni non finiscono, i tuoi anni sono l’oggi. Per quanto numerosi, i giorni nostri e dei nostri
padri passarono nel tuo oggi e di lì ricevettero la misura e il modo della loro esistenza. Altri ancora ne
passeranno, e tutti riceveranno di lì ancora il modo della loro esistenza. Tu invece sei sempre il medesimo,
e tutti gli atti di domani, e oltre, tutti gli atti di ieri, e addietro, li compirai oggi, li compisti oggi. Che
posso fare io, se altri non capisce? Anch’egli si rallegri, dicendo: “Che è ciò?”; si rallegri anche così e
goda di non trovarti mentre ti trova, anziché di trovarti mentre non ti trova.
I peccati dell’infanzia
7. 11. Ascolta, Dio: maledetti i peccati degli uomini!. Lo dice un uomo, di cui hai pietà, perché tu lo hai
creato senza creare in lui il peccato. Chi mi rammenta i peccati della mia infanzia, se nessuno innanzi a te
è mondo di peccato, neppure il bimbo, che ha un giorno solo di vita sulla terra? Chi me li rammenta, se
non un piccino ora grande soltanto così, in cui vedo ciò che non ricordo di me stesso? Qual era dunque il
mio peccato di allora? Forse l’avidità con cui cercavo piangendo le poppe? Se oggi facessi altrettanto,
cercando avidamente non più le poppe, s’intende, ma il nutrimento conveniente alla mia età, mi farei
deridere e riprendere a buon diritto. Ossia, a quell’età commettevo atti riprovevoli, ma, poiché non avrei
potuto comprendere i rimproveri, si evitava, come fanno tutti ragionevolmente, di rimproverarmi. Tanto è
vero, che noi estirpiamo ed eliminiamo quei difetti durante la crescita, e non ho mai visto nessuno gettar
via deliberatamente il buono mentre vuole estirpare il cattivo. O forse erano anche quelle azioni buone, in
rapporto all’età: le implorazioni, cioè, con cui chiedevo piangendo persino doni nocivi, le aspre bizze
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