Page 5 - La Felicità
P. 5
ottenervi la quiete. E letti assai pochi libri di Plotino, di cui so che sei grande ammiratore,
e, per quanto mi fu possibile, messa a confronto con essi anche l’autorità che ci ha
trasmesso la sacra dottrina, m’infiammai talmente da voler levare subitamente tutte le
ancore. Mi trattenne l’apprezzamento di alcune persone. Che altro mancava se non che
venisse in aiuto a me, che stavo gingillandomi in problemi di poco conto, una tempesta
che può sembrare contraria? E proprio a proposito mi assalì un così grave mal di petto che
non avendo forze per sostenere il peso della professione, con la quale avrei forse volto le
vele verso le Sirene, ho abbandonato tutto e ho ricondotto la nave, sia pure tutta
squassata, alla desiderata quiete.
Lo strato attuale della coscienza di Agostino.
1. 5. Puoi dunque osservare in quale filosofia, come in un porto, io navighi. Ma anche
esso è assai largo e la sua ampiezza non del tutto esclude la possibilità dell’errore,
sebbene con minor pericolo. Intanto ignoro del tutto a quale parte della regione, la quale
sola è felice, devo dirigermi e attraccare. Nulla infatti ho raggiunto di sicuro. Anche il
problema dell’anima rolla e beccheggia. E per questo ti scongiuro in nome della virtù,
dell’umanità, della comprensione e corrispondenza fra le anime, di porgermi la mano e
cioè di amarmi e di credere che io ti corrispondo con l’amore e ti ritengo amico. E se
otterrò questo favore, penso di poter raggiungere con piccolo sforzo quello stato di
felicità, nel quale, come suppongo, tu già vivi. E ho pensato di spedirti e d’intitolare al tuo
nome quella parte delle mie dispute che mi pare di avere svolto con sentimento di
religiosità e più degna di esserti dedicata. Vi potrai conoscere ciò che sto facendo e in
qual maniera sto raccogliendo nel porto i miei intimi e puoi essere pienamente informato
sullo stato della mia coscienza. Non posseggo altri mezzi per indicartelo. Molto
opportuno in verità poiché abbiamo disputato sulla felicità e non conosco valore che
maggiormente si possa ritenere dono di Dio. Non sono stato atterrito dalla tua cultura
poiché non posso temere le cose che amo, anche se non mi riesce di averle; molto meno i
favori più alti della fortuna. Sebbene infatti essa in te sia grande, è benevola giacché rende
benevoli perfino coloro, ai quali s’impone con la propria superiorità. Ma ormai presta
attenzione a quanto intendo esporti.
Presentazione dei partecipanti al dialogo-convito.
1. 6. Il tredici novembre ricorreva il mio compleanno. Dopo un pranzo tanto frugale che
non impedì il lavoro della mente, feci adunare nella sala delle terme tutti coloro che non
solo quel giorno ma ogni giorno convivevano con me. S’era presentato come luogo
appartato, adatto all’occorrenza. Partecipavano, e non ho timore di presentarli per ora con
i soli nomi alla singolare tua benevolenza, prima di tutto mia madre, ai cui meriti spetta,
come credo, tutto quel che sto vivendo, Navigio mio fratello, Trigezio e Licenzio miei
concittadini e discepoli. Volli che non mancassero neanche Lastidiano e Rustico, miei
cugini, sebbene non avessero frequentato neppure il maestro di grammatica. Ritenni che
il loro buon senso fosse sufficiente all’argomento che intendevo trattare. Con noi era
anche mio figlio Adeodato, il più piccolo di tutti. Egli ha tuttavia un ingegno che, salvo
errore dovuto all’affetto, promette grandi cose. Ottenuta la loro attenzione, cominciai nei
termini seguenti.
Agostino – Felicità pag. 3 di 17