Page 42 - L'unione con Dio
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visione  del  vero;  noi  neghiamo  in  lui  “l’essere  quale  lo  s’incontra  nelle
                  creature” perché, nelle creature è fatalmente limitato e contingente.

                         (42) Num. 1.
                         (43) Es. 33; Num. 12, 8; Eb. 3, 2.

                         (44) A proposito di questa importante dottrina ci sembra utile citare
                  S. Tommaso, il discepolo di Alberto Magno. “Una cosa può appartenere
                  alla vita contemplativa in due maniere: o come parte essenziale o come
                  disposizione.

                         Le     virtù    morali      non     appartengono        all’essenza     della
                  contemplazione, il cui fine è unicamente la considerazione della verità...

                         Ma  esse  le  appartengono  come  disposizioni  preliminari...  perché
                  calmano  le  passioni  e  il  tumulto  delle  preoccupazioni  esterne,  e  cosi
                  facilitano  la  contemplazione”  (Somma,  2,  2ae,  q.  180,  a.  2).  Questa
                  distinzione  non  deve  mai  essere  dimenticata  quando  si  leggono  i  libri
                  mistici che procedono dalla Scolastica.

                         (45) Gv. 17, 3.
                         (46) Sal. 16, 15.

                         (47) Questa mirabile dottrina condanna tutta una letteratura e una
                  fantasticheria  insipida,  sciocca,  viziata,  sensuale,  che  ai  nostri  giorni  ha
                  invaso  il  mondo  della  pietà,  vuotate  le  anime  di  sani  pensieri  e  le  ha
                  riempite di un sentimentalismo equivoco e nocivo.

                         (48) Mt. 11, 6; 13, 57; ecc.

                         (49) E’ il celebre “perinde ac cadaver” eccellentemente compreso.
                         (50) Lc. 10, 42.

                         (51) Lc. II, 14.

                         (52) Niente di più conforme al Vangelo di tale dottrina, Gesù Cristo
                  fa  cantare  sulla  sua  culla  che  la  pace  appartiene  agli  uomini  di  buona
                  volontà (Lc. II, 14); più tardi dichiara che il suo nutrimento è di fare la
                  volontà  del  Padre  (Gv.  4,  34);  altrove  afferma  ch’egli  non  cerca  la  sua
                  volontà,  ma  la  volontà  di  colui  che  lo  ha  mandato  (Gv.  5,  30);  che  è
                  disceso  dal  cielo  per  compierla  (Gv.  6,  38).  Vicino  a  morire  chiederà
                  ancora che sia fatta la volontà del Padre e non la sua (Mt. 24, 26; Lc. 22,
                  42). Molte volte nel Vangelo ricorre lo stesso linguaggio. Egli vuole che i
                  suoi discepoli lo imitino. Non chi ripete: Signore, Signore, entrerà - egli
                  dice - nel regno dei cieli, ma chi fa la volontà di Dio (Mt. 7, 21; Rm. II, 3;
                  Gc. l, 22); e nella preghiera che c’insegna ci fa chiedere l’adempimento di




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