Page 6 - Il combattimento spirituale
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La diffidenza di noi stessi
La diffidenza di te stessa, figliuola, ti è talmente necessaria in questo combattimento che senza
questa devi tenere per certo che non solamente non potrai conseguire la vittoria desiderata, ma
neppure superare una ben piccola tua passioncella. E ciò ti s’imprima bene nella mente, perché noi
siamo purtroppo facili e inclinati dalla natura corrotta verso una falsa stima di noi stessi: essendo
veramente non altro che un bel nulla, ci convinciamo tuttavia di valere qualche cosa; e senza alcun
fondamento, vanamente presumiamo delle nostre forze. Questo è difetto assai difficile a conoscersi
e dispiace molto agli occhi di Dio, che ama e vuole in noi una leale cognizione di questa certissima
verità che ogni grazia e virtù derivano in noi da lui solo, fonte di ogni bene; e che da noi non può
venire nessuna cosa, neppure un buon pensiero che gli sia gradito (cfr. 2Cor 3,5).
E benché questa tanto importante diffidenza sia ben anche opera della sua divina mano che suole
darla ai suoi cari amici ora con sante ispirazioni, ora con aspri flagelli e con violente e quasi
insuperabili tentazioni, e con altri mezzi non intesi da noi medesimi, tuttavia, volendo egli che
anche da parte nostra si faccia quello che tocca a noi, ti propongo quattro modi con i quali, aiutata
principalmente dal supremo favore, tu possa conseguire tale diffidenza.
Il primo è che tu consideri e conosca la tua viltà e nullità e che da te non puoi fare alcun bene per il
quale meriti di entrare nel regno dei cieli.
Il secondo è che con ferventi e umili preghiere la domandi spesso al Signore, poiché è dono suo. E
per ottenerla prima ti devi mirare non solo priva di essa, ma del tutto impotente ad acquistarla da te.
Così presentandoti più volte davanti alla divina Maestà con una fede certa che per sua bontà sia per
concedertela, e aspettandola con perseveranza per tutto quel tempo disposto dalla sua provvidenza,
non vi è dubbio che l’otterrai.
Il terzo modo è che ti abitui a temere te stessa, il tuo giudizio, la forte inclinazione al peccato, gli
innumerevoli nemici ai quali non hai forza di fare una minima resistenza; la loro esperienza nel
combattere, gli stratagemmi, le loro trasfigurazioni in angeli di luce; le innumerevoli arti e i tranelli,
che nella via stessa della virtù nascostamente ci tendono.
Il quarto modo è che quando ti avviene di cadere in qualche difetto, allora tu penetri più dentro e più
vivamente nella considerazione della tua somma debolezza: infatti per questo fine Dio ha permesso
la tua caduta, affinché, avvisata dall’ispirazione con più chiaro lume di prima, conoscendoti bene
impari a disprezzare te stessa come cosa purtroppo vile e per tale tu voglia anche dagli altri essere
tenuta e parimenti disprezzata. Sappi che senza questa volontà non vi può essere virtuosa diffidenza,
la quale ha il suo fondamento nell’umiltà vera e nella cognizione sperimentale.
Chiara è questa cosa: a ognuno che vuol congiungersi con la luce suprema e con la verità increata è
necessaria la conoscenza di se stesso, che la divina clemenza dà ordinariamente ai superbi e ai
presuntuosi attraverso le cadute: essa li lascia giustamente incorrere in qualche mancanza dalla
quale si persuadono di potersi difendere, affinché, venendosi così a conoscere, apprendano a
diffidare in tutto di se medesimi.
Il Signore, però, non è solito servirsi di questo mezzo così miserabile se non quando gli altri più
benigni, che abbiamo detto sopra, non hanno portato quel giovamento inteso dalla sua divina bontà.
Essa permette che l’uomo cada più o meno tanto quanto maggiore o minore è la sua superbia e la
propria reputazione; in maniera che dove non si ritrovasse la pur minima presunzione, come fu in
Maria Vergine, similmente non vi sarebbe nemmeno la pur minima caduta. Dunque quando cadi,
corri subito col pensiero all’umile conoscenza di te stessa e con preghiera insistente (cfr. Lc 11,5-
13) domanda al Signore che ti doni il vero lume per conoscerti e la totale diffidenza di te stessa, se
non vorrai cadere di nuovo e talvolta in più grave rovina.
CAPITOLO III
La confidenza in Dio