Page 5 - Il combattimento spirituale
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radicati nella propria opinione e ostinati in ogni loro voglia. Ciechi nei propri, sono invece solleciti
            e diligenti osservatori e mormoratori dei detti e dei fatti altrui. Se tu li tocchi anche un poco in una
            certa loro vana reputazione, in cui essi si tengono e si compiacciono di essere tenuti dagli altri, e li
            levi da quelle devozioni che usano passivamente, si alterano tutti e s’inquietano moltissimo. E se
            Dio, per ridurli alla vera conoscenza di se stessi e sulla strada della perfezione, manda loro travagli e
            infermità  o  permette  persecuzioni  (che  non  vengono  mai  senza  sua  volontà,  così  volendo  o
            permettendo, e che sono la pietra di paragone della lealtà dei suoi servi), allora scoprono il loro falso
            fondo e l’interno corrotto e guasto a causa della superbia. Infatti in ogni avvenimento, triste o lieto
            che sia, non vogliono rassegnarsi e umiliarsi sotto la mano divina acquietandosi nei sempre giusti
            benché segreti giudizi di Dio (cfr. Rm 11,33); né sull’esempio del suo Figliuolo, il quale umiliò se
            stesso e volle patire (cfr. Fil 2,8), si sottomettono a tutte le creature considerando come cari amici i
            persecutori,  che  effettivamente  sono  strumenti  della  divina  bontà  e  cooperano  alla  loro
            mortificazione, perfezione e salvezza.
            Perciò è cosa certa che questi tali sono posti in grave pericolo: avendo l’occhio interno ottenebrato e
            mirando con quello se medesimi e le azioni esterne che sono buone, si attribuiscono molti gradi di
            perfezione e così insuperbiti giudicano gli altri: ma per loro non c’è chi li converta, fuorché uno
            straordinario aiuto di Dio. Per tale motivo assai più agevolmente si converte e si riduce al bene il
            peccatore pubblico, anziché quello occulto e coperto con il manto delle virtù apparenti.
            Tu vedi dunque assai chiaramente, figliuola, che la vita spirituale non consiste nelle suddette cose,
            come ti ho dichiarato.
            Devi sapere che essa non consiste in altro che nella conoscenza della bontà e della grandezza di Dio,
            e  della  nostra  nullità  e  inclinazione  a  ogni  male;  nell’amore  suo  e  nell’odio  di  noi  stessi;  nella
            sottomissione non solo a lui, ma a ogni creatura per amor suo; nella rinuncia a ogni nostro volere e
            nella totale rassegnazione al suo divino beneplacito: inoltre essa consiste nel volere e nel fare tutto
            questo semplicemente per la gloria di Dio, per il solo desiderio di piacere a lui, e perché così egli
            vuole e merita di essere amato e servito.
            Questa è la legge d’amore impressa dalla mano dello stesso Signore nei cuori dei suoi servi fedeli.
            Questo è il rinnegamento di noi stessi, che da noi ricerca (cfr. Lc 9,23). Questo è il giogo soave e il
            peso suo leggero (cfr. Mt 11, 30). Questa è l’obbedienza, alla quale con l’esempio e con la parola il
            nostro Redentore e Maestro ci chiama.
            E perché, aspirando tu all’altezza di tanta perfezione, devi fare continua violenza a te stessa per
            espugnare generosamente e annullare tutte le voglie, grandi o piccole che siano, necessariamente
            conviene che con ogni prontezza d’animo ti prepari a questa battaglia: infatti la corona non si dà se
            non a quelli che combattono valorosamente.
            Siccome tale battaglia è più di ogni altra difficile (poiché combattendo contro di noi, siamo insieme
            combattuti da noi stessi), così la vittoria ottenuta sarà più gloriosa di ogni altra e più cara a Dio.
            Se  tu  attenderai  a  calpestare  e  a  dar  morte  a  tutti  i  tuoi  disordinati  appetiti,  desideri  e  voglie
            ancorché  minime,  renderai  maggior  piacere  e  servizio  a  Dio  che  se,  tenendo  alcune  di  quelle
            volontariamente vive, ti flagellassi fino al sangue e digiunassi più degli antichi eremiti e anacoreti o
            convertissi al bene migliaia di anime.
            Sebbene  il  Signore  in  sé  gradisca  più  la  conversione  delle  anime  che  la  mortificazione  di  una
            voglietta, nondimeno tu non devi volere né operare altro se non quello che il medesimo Signore da
            te rigorosamente ricerca e vuole. Ed egli senza alcun dubbio si compiace di più che tu ti affatichi e
            attenda  a  mortificare  le  tue  passioni  che  se  tu,  lasciandone  anche  una  avvedutamente  e
            volontariamente viva in te, lo servissi in qualunque cosa sia pure grande e di maggior importanza.
            Ora  che  tu  vedi,  figliuola,  in  che  consiste  la  perfezione  cristiana  e  che  per  acquistarla  devi
            intraprendere  una  continua  e  asprissima  guerra  contro  te  stessa,  c’è  bisogno  che  ti  provveda  di
            quattro cose, come di armi sicurissime e necessarissime, per riportare la palma e restare vincitrice in
            questa spirituale battaglia. Queste sono: la diffidenza di noi stessi, la confidenza in Dio, l’esercizio e
            l’orazione. Di tutte tratteremo con l’aiuto divino e con facile brevità.

                                                      CAPITOLO II
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