Page 9 - Gli otto spiriti malvagi
P. 9
considera un precetto la propria soddisfazione; la pianta debole è piegata da una lieve
brezza e immaginare la partenza distrae l’acedioso. Un albero ben piantato non è scosso
dalla violenza dei venti e l’acedia non piega l’anima ben puntellata. Il monaco girovago,
secco fuscello della solitudine, sta poco tranquillo e, senza volerlo, è sospinto qua e là di
volta in volta. Un albero trapiantato non fruttifica e il monaco vagabondo non dà frutti
di virtù. L’ammalato non è soddisfatto da un solo cibo e il monaco acedioso non lo è da
una sola occupazione. Non basta una sola femmina a soddisfare il voluttuoso e non è
abbastanza una sola cella per l’acedioso.
Capitolo 14
L’occhio dell’acedioso fissa le finestre continuamente e la sua mente immagina che
arrivino visite: la porta cigola e quello balza fuori, ode una voce e si sporge dalla
finestra e non se ne va da lì finché, sedutosi, non si intorpidisce. Quando legge,
l’acedioso sbadiglia molto, si lascia andare facilmente al sonno, si stropiccia gli occhi,
si stiracchia e, distogliendo lo sguardo dal libro, fissa la parete e, di nuovo, rimessosi a
leggere un po’, ripetendo la fine delle parole, si affatica inutilmente, conta i fogli,
calcola i quaternioni, disprezza le lettere e gli ornamenti e infine, piegato il libro, lo
pone sotto la testa e cade in un sonno non molto profondo, e infatti, di lì a poco, la fame
gli risveglia l’anima con le sue preoccupazioni. Il monaco acedioso è pigro alla
preghiera e di certo non pronuncerà mai le parole dell’orazione; come infatti l’ammalato
non riesce a sollevare un peso eccessivo, così anche l’acedioso di sicuro non si occuperà
con diligenza dei doveri verso Dio: all’uno infatti difetta la forza fisica, all’altro viene
meno il vigore dell’anima. La pazienza, il far tutto con molta assiduità e il timor di Dio
curano l’acedia. Disponi per te stesso una giusta misura in ogni attività e non desistere
prima di averla conclusa, e prega assennatamente e con forza e lo spirito dell’acedia
fuggirà da te.
Capitolo 15
La vanagloria
La vanagloria è una passione irragionevole e facilmente s’intreccia con tutte le opere di
virtù. Un disegno tracciato nell’acqua si confonde, come la fatica della virtù nell’anima
vanagloriosa. Diviene candida la mano nascosta in seno e l’azione che rimane celata
risplende di una luce più smagliante. L’edera s’avvinghia all’albero e, quando giunge in
alto, ne dissecca la radice, così la vanagloria si origina dalle virtù e non si allontana
finché non avrà reciso la loro forza. Il grappolo d’uva, buttato a terra, marcisce
facilmente e la virtù, se si appoggia alla vanagloria, perisce. Il monaco vanaglorioso è
un lavoratore senza salario: si impegna nel lavoro e non riceve alcuna paga; la borsa
bucata non custodisce ciò che vi è riposto e la vanagloria distrugge i compensi delle
virtù. La continenza del vanaglorioso è come il fumo del camino, entrambi si
disperderanno nell’aria. Il vento cancella l’orma dell’uomo come l’elemosina del
vanaglorioso. La pietra lanciata non raggiunge il cielo e la preghiera di chi desidera
piacere agli uomini non salirà fino a Dio.
Capitolo 16
Evagrio Pontico - Antirrhetikos 7 di 9