Page 4 - Gli otto spiriti malvagi
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la preghiera del temperante delizia l’olfatto divino. Se ti concedi al desiderio dei cibi
                  nulla più ti basterà per soddisfare il tuo piacere: il desiderio dei cibi, infatti, è come il
                  fuoco che sempre accoglie e sempre avvampa. Una misura sufficiente riempie il vaso
                  mentre un ventre sfondato non dirà mai: «basta!». L’estensione delle mani mise in fuga
                  Amalec e una vita attiva elevata sottomette le passioni carnali.

                  Capitolo 3

                  Stermina tutto ciò che ti ispirano i vizi e mortifica fortemente la tua carne. In qualunque
                  modo,  infatti,  sia  ucciso  il  nemico,  esso  non  ti  incuterà  più  paura,  così  un  corpo
                  mortificato  non  turberà  l’anima.  Un  cadavere  non  avverte  il  dolore  del  fuoco  e
                  tantomeno il temperante sente il piacere del desiderio estinto. Se percuoti un egiziano,
                  nascondilo sotto la sabbia, e non ingrassare il corpo per una passione vinta: come infatti
                  nella terra grassa germina ciò che è nascosto così nel corpo grasso rivive la passione. La
                  fiamma che illanguidisce si riaccende se viene aggiunta della legna secca e il piacere
                  che si va attenuando rivive nella sazietà dei cibi; non compiangere il corpo che si lagna
                  per lo sfinimento e non rimpinzarlo con pranzi sontuosi: se infatti lo rinforzerai ti si
                  rivolterà  contro  muovendoti  una  guerra  senza  tregua,  finché  renderà  schiava  la  tua
                  anima e ti menerà servo della lussuria. Il corpo indigente è come un docile cavallo e mai
                  disarcionerà  il  cavaliere:  questo,  infatti,  costretto  dal  freno,  arretra  e  obbedisce  alla
                  mano  di  chi  tiene  le  briglie,  mentre  il  corpo,  domato  dalla  fame  e  dalle  veglie,  non
                  recalcitra per un cattivo pensiero che lo cavalca ne nitrisce eccitato dall’impeto delle
                  passioni.

                  Capitolo 4

                  La lussuria

                  La temperanza genera l’assennatezza, mentre la gola è madre della sfrenatezza; l’olio
                  alimenta  il  lume  della  lucerna  e  la  frequentazione  delle  donne  attizza  la  fiaccola  del
                  piacere. La violenza dei flutti infuria contro il mercantile mal zavorrato come il pensiero
                  della lussuria sulla mente intemperante. La lussuria accoglierà come alleata la sazietà, la
                  congederà,  starà  con  gli  avversari  e  combatterà  alla  fine  con  i  nemici.  Rimane
                  invulnerabile alle frecce nemiche colui che ama la tranquillità, chi invece si mescola
                  alla  folla  riceve  in  continuazione  percosse.  Vedere  una  femmina  è  come  un  dardo
                  velenoso, ferisce l’anima, vi intrude il tossico e quanto più perdura, tanto più alligna la
                  sepsi.  Chi  intende  difendersi  da  queste  frecce  sta  lontano  dalle  affollate  riunioni
                  pubbliche  e  non  gironzola  a  bocca  aperta  nei  giorni  di  festa;  è  infatti  assai  meglio
                  starsene a casa passando il tempo a pregare piuttosto che compiere l’opera del nemico
                  credendo  di  onorare  le  feste.  Evita  la  dimestichezza  con  le  donne  se  desideri  essere
                  saggio e non dar loro la libertà di parlare e neppure fiducia. Infatti all’inizio hanno o
                  simulano  una  certa  cautela,  ma  in  seguito  osano  di  tutto  spudoratamente:  al  primo
                  abboccamento  tengono  gli  occhi  bassi,  pigolano  dolcemente,  piangono  commosse,
                  l’atteggiamento  è  grave,  sospirano  con  amarezza,  pongono  domande  sulla  castità  e
                  ascoltano attentamente; le vedi una seconda volta e alzano un poco il capo; la terza volta
                  si  avvicinano  senza  troppo  pudore;  hai  sorriso  e  quelle  si  sono  messe  a  ridere
                  sguaiatamente; in seguito si fanno belle e ti si mostrano con ostentazione, cambia il loro
                  sguardo annunciando l’ardenza, sollevano le sopracciglia e ruotano gli occhi, denudano



                  Evagrio Pontico - Antirrhetikos                                                  2 di 9
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