Page 78 - Frasi agostiniane
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civ. Dei 1, proemio)

                815.      Ormai siamo salvati nella speranza e siamo figli della luce e figli del
                    giorno, non figli della notte e delle tenebre come un tempo. Fra questi e noi
                    tu solo, nella perdurante incertezza della scienza umana, operi la
                    separazione, poiché vagli i nostri cuori. (Confess. 13, 14, 15)

                816.      Se non è rispettata la giustizia, che cosa sono gli stati se non delle
                    grandi bande di ladri? Perché anche le bande dei briganti che cosa sono se
                    non dei piccoli stati? È pur sempre un gruppo di individui che è retto dal
                    comando di un capo, è vincolato da un patto sociale e il bottino si divide
                    secondo la legge della convenzione. (De civ. Dei 4, 4)

                817.      La pace del corpo è l'ordinata proporzione delle parti, la pace
                    dell'anima irragionevole è l'ordinata pacatezza delle inclinazioni, la pace
                    dell'anima ragionevole è l'ordinato accordo del pensare e dell'agire, la pace
                    del corpo e dell'anima è la vita ordinata e la salute del vivente, la pace tra
                    l'uomo soggetto alla morte e Dio è l'obbedienza ordinata nella fede in
                    dipendenza alla legge eterna, la pace degli uomini è l'ordinata concordia, la
                    pace della casa è l'ordinata concordia del comandare e obbedire dei suoi
                    abitanti, la pace dello stato è l'ordinata concordia del comandare e obbedire
                    dei cittadini, la pace della città celeste è l'unione sommamente ordinata e
                    concorde di coloro che godono di Dio e vicendevolmente in Dio, la pace
                    dell'universo è la tranquillità dell'ordine. (De civ. Dei 19, 13. 1)


                818.      Anche la città terrena che non vive di fede desidera la pace terrena e
                    stabilisce l'accordo del comandare e obbedire dei cittadini in modo che vi sia
                    un certo consenso dell'uman volere nei confronti dei beni pertinenti alla vita
                    soggetta a morire. Invece la città celeste o piuttosto quella parte di essa, che è
                    in esilio in questa soggezione alla morte e vive di fede, necessariamente deve
                    trar profitto da questa pace fino a che cessi la soggezione al morire, alla quale
                    è indispensabile questa pace. Perciò, mentre nella città terrena trascorre la
                    vita prigioniera della sua dimora in esilio, ricevuta ormai la promessa del
                    riscatto e il dono della grazia spirituale come caparra, non dubita di
                    sottomettersi alle leggi della città terrena, con cui sono amministrati i beni
                    messi a disposizione per il sostentamento della vita soggetta a morire. Così,
                    essendo comune la soggezione a morire, nei beni che la riguardano è
                    mantenuta la concordia fra le due città. (De civ. Dei 19, 17)

                819.      Così in tutte le cose umane nulla è caro all'uomo senza un amico. Ma
                    quanti se ne trovano di così fedeli, da poterci fidare con sicurezza riguardo
                    all'animo e alla condotta in questa vita? Nessuno conosce un altro come se
                    stesso: eppure nessuno è tanto noto a se stesso da poter essere sicuro della


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