Page 6 - Commento Mistico al Cantico dei Cantici
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                  oscurità  della  notte  tenebrosa,  dove  Dio  si  è  nascosto  in  questa  vita,   di  modo  che
                  costoro vi siano istruiti da lui stesso, nel silenzio, e nel fondo più segreto dell’interiorità.
                  Essi proveranno anche più di quel che Dio non abbia fatto scrivere qui; perché è certo
                  che cose tanto ineffabili non si possono esprimere tali quali esse sono.
                     I Santi Padri raccomandano inoltre una cosa molto importante per quanto riguarda la
                  lettura  di  questo  Cantico  del  santo  Amore,  ossia  che  quelli  che  non  sono  purificati
                  dall’amore carnale non devono ardire di mangiare questo nutrimento solido, che è solo
                  per  i  perfetti  (Eb  5,  14),  nel  timore  che,  non  avendo  né  le  orecchie  né  il  cuore
                  abbastanza  casti  per  sentir  parlare  di  questi  amori  incorruttibili,  costoro  possano
                  scandalizzarsi per ciò che è stato scritto dai più puri amanti dell’amore stesso, che è
                  Dio, e possano raffigurarsi la corruzione della carne e del sangue in un Cantico amoroso
                  in cui tutto è spirito e vita. Evitate, dice San Bernardo, di immaginare che noi pensiamo
                  vi  sia  qualcosa  di  fisico  in  questa  mescolanza  del  Verbo  e  dell’Anima.  Noi  diciamo
                  soltanto quel che ha detto l’Apostolo, che chi si unisce al Signore forma con lui un solo
                  spirito (1 Cor 6,17). Noi esprimiamo, per quanto ne siamo capaci, il rapimento in Dio di
                  un’Anima  pura,  o  la  beata  discesa  che  Dio  compie  in  quest’Anima;  perché  noi  ci
                  rivolgiamo  a  persone  spirituali.  Infatti  tale  unione  si  attua  in  spirito,  perché  Dio  è
                  spirito.
                     Già gli stessi Ebrei manifestavano tale cautela: infatti, secondo la testimonianza di
                  Origene e San Girolamo, essi non consentivano la lettura di questo Libro sacro, da loro
                  sempre  riconosciuto  come  opera  dello  Spirito  Santo,  se  non  a  persone  già  in  età
                  avanzata, e di una grande maturità di spirito. Il commercio casto e segreto tra lo Sposo e
                  la Sposa non è per quanti sono ancora immersi nel fango dei loro peccati, né per coloro
                  che  gemono  nei  tormenti  della  penitenza,  e  neppure  per  quanti  si  agitano,  e  ancora
                  penano con le buone azioni al fine di purificare i loro sensi e acquisire le virtù sante.
                  Non che in queste conversazioni tra lo Sposo e la Sposa non vi siano istruzioni per ogni
                  sorta di stato, ma, considerandole in tutta la loro estensione, e anche nella loro maggior
                  parte, è per i perfetti che esse sono state scritte.
                     Questo  canto  celeste  incomincia  a  farsi  udire  nel  silenzio  e  nel  riposo  interiore
                  dell’Anima, quando, essendosi già molto distaccata da se stessa e dilatata in Dio, essa
                  entra nella fedeltà passiva e in un più perfetto abbandono, lasciandosi condurre dal suo
                  Sposo molto più di quanto non si muova e si conduca da sé medesima, come secondo
                  l’Apostolo è proprio dei figli di Dio (Rm 8,14). La stessa cosa è piuttosto evidente nel
                  seguito di questo stesso Cantico, in particolare dove l’Amante dice che è il Re che l’ha
                  fatta entrare nelle sue stanze segrete, e dove lo scongiura di trascinarla, affinché lei
                  corra dietro di lui (Ct 2,4).
                     San Gregorio Papa ci fa notare inoltre che, quando nel Cantico si sente parlare di
                  baci,  di  abbracci,  di  guance,  di  seni,  di  gambe  e  di  cosce,  di  letto  e  di  matrimonio,
                  anziché trarne argomento per disdegnare la potenza della Scrittura, occorre al contrario
                  ammirare  la  misericordia  di  Dio,  che  con  tanta  bontà  ha  voluto  usarla  nei  nostri
                  confronti, e che per elevarci all’esperienza del suo divino amore si è abbassato fino a
                  servirsi dei termini e delle espressioni del nostro amore carnale e impuro, annullandosi
                  fino  ai  nostri  modi  di  parlare  per  condurre  la  nostra  intelligenza  fino  ai  segreti
                  impenetrabili  della  Divinità,  e  della  sua  unione  con  le  anime  pure.  Noi  dobbiamo
                  dunque cercare in queste figure corporee solo ciò che vi è di interiore, e si deve qui
                  parlare  del  corpo  come  se  si  fosse  fuori  del  corpo  stesso.  Quelli  che  se  ne  sono
                  ampiamente  liberati  sanno  per  loro  propria  esperienza  come  la  grazia  di  Dio  opera

                  4  DIONIGI L’AEROPAGITA, Teologia mistica, I.
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