Page 4 - Scala Clautralium
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suscitata  dal  desiderio,  la  contemplazione  riposa  nel  godimento  della  dolcezza
                  raggiunta. Perché ciò possa esser compreso più chiaramente prendiamo un esempio fra
                  molti.

                  4. Alla lettura sento queste parole: «Beati i puri di cuore perché vedranno Dio» (Mt 5,8).
                  È  un  detto  breve,  ma  ricolmo  di  dolcissimi  significati  differenti  per  il  nutrimento
                  dell’anima. È offerto a noi come un grappolo; l’anima lo vaglia con attenzione, poi dice
                  fra sé: «Qui ci può essere qualcosa di buono: tornerò al mio cuore e vedrò se sono in
                  grado di capire questa purezza e di trovarla per me: è una cosa preziosa e desiderabile se
                  i suoi possessori sono detti beati, se le viene promessa la visione di Dio che è la vita
                  eterna, se viene lodata da tante testimonianze della sacra Scrittura». E così, desiderando
                  spiegare a se stessa compiutamente tutto ciò, comincia a masticare e a macinare questo
                  grappolo, lo mette nel torchio, spinge insomma la ragione a indagare cosa sia e come si
                  possa ottenere questa purezza tanto preziosa.

                  5. Comincia così  un’accurata meditazione, che non rimane all’esterno, non si  attarda
                  alla  superficie, ma rivolge  il suo  passo  più  in  alto, penetra nel  profondo, sonda ogni
                  particolare. Riflette attentamente sul fatto che non è detto: «Beati i puri nel corpo», ma
                  «i puri di cuore». Infatti non basta avere le mani innocenti dalle opere malvagie se non si
                  è purificati nella mente dai pensieri perversi: lo conferma l’autorità del profeta, che dice:
                  «Chi salirà il monte del Signore, chi starà nel suo luogo santo? Chi ha mani innocenti e
                  cuore puro» (Sal 24,3-4). Riflette poi a quanto lo stesso profeta desideri questa purezza
                  di cuore quando prega così: «Crea in me, o Dio, un cuore puro» (Sal 51,12), e ancora:
                  «Se  nel  mio  cuore  avessi  cercato  il  male,  il  Signore  non  mi  avrebbe  ascoltato»  (Sal
                  66,18).  Pensa  a  quanto  fosse  sollecito  il  beato  Giobbe  nel  custodire  il  suo  cuore,  se
                  poteva dire: «Avevo stretto con gli occhi un patto di non fissare neppure una vergine»
                  (Gb 31,1). Come si dominava quell’uomo santo, se chiudeva gli occhi per non vedere
                  cose vane (Sal 119,37), per non rivolgere un’attenzione non dovuta a ciò che in seguito
                  avrebbe potuto divenire un desiderio non voluto!
                  Dopo essersi soffermata su queste cose e su altre dello stesso genere a proposito della
                  purezza di cuore, la meditazione comincia a pensare al premio, a quale gloria e quale
                  allegrezza sarebbe la visione del volto desiderato di Dio, il volto più bello di tra i figli
                  dell’uomo  (Sal  45,3),  non  più  disprezzato  e  rifiutato,  non  nell’aspetto  ch’egli  ha
                  ricevuto da sua madre, ma rivestito di una veste d’immortalità, con la corona che gli
                  pose suo Padre nel giorno della risurrezione e della gloria, nel giorno fatto dal Signore
                  (cf. Sir 6,31 e Ct 3,11). Pensa che in questa visione è quella sazietà di cui dice il profeta:
                  «Mi sazierò quando apparirà la tua gloria» (Sal 17,15). Vedi quanto mosto è scaturito da
                  un  piccolissimo  grappolo,  quale  fuoco  si  è  levato  da  una  scintilla?  Un  così  piccolo
                  impasto, «Beati i puri di cuore perché vedranno Dio», sull’incudine della meditazione si
                  è esteso davvero molto!
                  E  fin  dove  potrebbe  ancora  estendersi  se  vi  si  accostasse  qualcuno  che  ne  ha  fatto
                  l’esperienza? Perché sento che il pozzo è profondo (Gv 4,11) e che io, recluta inesperta,
                  ho trovato appena di che attingere poche gocce. L’anima, infiammata da questi bagliori,
                  stimolata  da  questi  desideri,  rotto  ormai  il  vasetto  di  alabastro  (Mc  14,3;  Gv  12,3)
                  comincia  a  presentire,  non  ancora  con  il  gusto  ma  come  con  l’odorato  la  soavità
                  dell’unguento: e da ciò deduce quanto sarebbe dolce aver esperienza di questa purezza
                  la cui sola meditazione le è fonte, essa lo vede, di sì grande gioia.





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