Page 4 - La contemplazione di Dio
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instancabile difensore, ma vedi che è per amore del tuo amore che lo faccio, così
come vedi me, che pur non riesco a vederti, e come mi hai infuso il desiderio di
te; e se qualcosa di me ti è gradito, ecco che subito perdoni a questo tuo cieco,
che ti corre incontro e gli porgi la mano se, nella corsa, inciampa in qualche
ostacolo.
3. Mi risponde, invero, interiormente, nell’anima e nello spirito, tumultuando
dentro di me e scuotendo tutte le mie fibre, la voce che attesta la tua presenza. I
miei occhi interiori sono abbagliati dal fulgore della tua verità, che mi
rammenta come nessuno possa vederti e continuare a vivere. Infatti, io sono
davvero, fino ad ora, tutto sprofondato nei peccati e non sono ancora riuscito a
morire a me stesso, così da vivere per te. Tuttavia, per tuo comando e tuo dono,
me ne sto saldo sulla roccia della tua fede, della fede cristiana, nel luogo che è
veramente vicino a te, nel quale frattanto sopporto con pazienza, come posso, e
abbraccio e bacio la tua destra, che mi ricopre e mi protegge; e talvolta, mentre
contemplo e bramo vedere almeno le terga di te che mi vedi, io scorgo passare
l’umiltà stessa, cioè il mistero dell’umanità di Cristo, tuo figlio.
Ma proprio quando non vedo l’ora di avvicinarmi a lui e, come l’emorroissa,
ardo dal desiderio, per così dire, di carpire la guarigione per l’inferma e
miserabile anima mia grazie al tocco benefico anche solo di un lembo della sua
veste; oppure quando, come Tommaso, quest’uomo pieno di desiderio,
desidero vedermelo tutto integro davanti e toccarlo; non solo, ma quando tento
di avvicinarmi alla santissima ferita del suo fianco, porta aperta su un lato
dell’arca, non per mettervi un dito appena o tutta quanta la mano, ma per
entrarvi tutto intero fino al cuore di Gesù, fin dentro il Santo dei Santi, l’arca
dell’alleanza, l’urna d’oro, l’anima della nostra umanità, che contiene in se
stessa la manna della divinità: mi sento dire, ahimè: Non toccarmi (Giovanni
20,17). E anche quelle parole dell’Apocalisse (22,15): Fuori i cani. Così, cacciato e
respinto dalle nerbate della mia coscienza, del resto meritate, sono costretto a
scontare le pene della mia malvagità e presunzione.
Mi rifugio allora nuovamente sulla mia roccia, che è il rifugio degli istrici,
ricoperti dalle spine dei loro peccati, e ancora una volta abbraccio e bacio la tua
destra, che mi ricopre e mi protegge. E da quello, che ho appena intravisto o
percepito, con un desiderio ancor più ardente e trattenendo a stento
l’impazienza, aspetto che tu tolga la mano che mi copre e che mi infonda la
grazia che illumina, cosicché finalmente, almeno ogni tanto, secondo il responso
della tua verità, morto a me stesso e con la volontà di vivere per te, io cominci a
vedere scopertamente il tuo volto e a perdermi in te in seguito a questa visione.
4. O volto, o volto! Beato il volto che, vedendoti, è degno di aver parte con te,
con l’innalzare nel suo cuore una tenda al Dio di Giacobbe e che fa ogni cosa
secondo il modello che gli viene mostrato sul monte (Ebrei 8,5). Davvero a proposito
essa canta: Il mio cuore ti ha detto: Il mio volto ti ha cercato; io cercherò il tuo volto,
Signore (Salmo 26,8). Pertanto, come ho detto, mentre scruto, col dono della tua
grazia, fin nel profondo tutti gli angoli più riposti della mia coscienza, provo il