Page 4 - La Regola Pastorale
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PARTE PRIMA
REQUISITI DEL PASTORE D’ANIME
1 — Gli ignoranti non osino accostarsi al magistero
Non c’è arte che uno possa presumere di insegnare se non dopo averla appresa
attraverso uno studio attento e meditato. Quanta è dunque la temerarietà con cui gli
ignoranti assumono il magistero pastorale, dal momento che il governo delle anime è
l’arte delle arti. Chi non sa che le ferite dei pensieri sono più nascoste di quelle delle
viscere? E tuttavia si dà spesso il caso di persone che non conoscono neppure le regole
della vita spirituale ma non temono di professarsi medici dell’anima, mentre chi ignora
la virtù terapeutica delle medicine si vergognerebbe di passare per medico del corpo.
Ma poiché ormai per volontà di Dio ogni autorità del secolo presente si inchina con
riverenza di fronte alla religione, non sono pochi coloro che dentro la Santa Chiesa
aspirano alla gloria di una dignità dietro l’apparenza del governo delle anime. Aspirano
a passare per maestri, bramano di superare gli altri e — come afferma la Verità —
amano i primi saluti in piazza, i primi posti nelle cene, e le prime sedie nelle riunioni
(cf. Mt. 23, 6-7). Essi sono tanto più incapaci di assolvere degnamente all’ufficio della
cura pastorale che hanno assunto in quanto sono pervenuti al magistero dell’umiltà solo
con l’orgoglio; giacché nell’insegnamento perfino la lingua si confonde quando si
insegna qualcosa di diverso da ciò che si è imparato. Contro costoro il Signore si
lamenta per mezzo del profeta dicendo: Da sé hanno regnato, non designati da me;
sono divenuti principi ed io non l’ho saputo (Os. 8, 4). Infatti, coloro che, senza il
sostegno di alcuna virtù, non chiamati per vocazione divina ma accesi dalla propria
cupidigia non conseguono ma rapiscono il più alto grado del governo delle anime,
regnano di proprio arbitrio, non per decisione del sommo reggitore. Tuttavia, il Giudice
delle coscienze mentre li eleva non li riconosce, poiché certo nel suo giudizio di
condanna egli ignora coloro che pure, nella sua permissione, tollera. Perciò egli dice a
certuni che vanno da lui dopo aver compiuto addirittura dei miracoli: Allontanatevi da
me operatori di iniquità, non so chi siete (Lc. 13, 27). E così viene aspramente
rimproverata dalla voce della Verità la ignoranza dei Pastori, quando essa dice per
mezzo del profeta: Perfino i pastori non hanno saputo comprendere (Is. 56, 11). E
ancora il Signore li respinge dicendo: Pur avendo in mano la legge non mi hanno
conosciuto (Ger. 2, 8). Dunque, la Verità si lamenta di non essere conosciuta da costoro
e dichiara di non riconoscere il primato di chi non la conosce, giacché è certo che quanti
non conoscono le cose del Signore, non sono conosciuti da lui, secondo la testimonianza
di Paolo che dice: Se qualcuno poi ignora sarà ignorato (1 Cor. 14, 38). Naturalmente
poi, a questa ignoranza dei Pastori corrispondono spesso i demeriti dei sudditi, perché
quantunque sia tutto a loro proprio carico se i Pastori non possiedono il lume della
conoscenza, tuttavia per un rigoroso giudizio accade che a causa della loro ignoranza
inciampino anche coloro che li seguono. Di qui la Verità stessa dice nell’Evangelo: Se
un cieco presta la sua guida a un altro cieco, cadono ambedue nella fossa (Mt. 15, 14).
E il salmista, non esprimendo un desiderio del suo animo, ma nell’esercizio del suo
ministero profetico, dichiara: Si oscurino i loro occhi perché non vedano, e piega
sempre di più il loro dorso (Sal. 68, 24). Gli occhi sono chiaramente coloro che posti