Page 3 - La Regola Pastorale
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Regola pastorale
di san Gregorio Magno, Pontefice romano,
a Giovanni Vescovo della Città di Ravenna
Gregorio al reverendissimo e santissimo Giovanni,
fratello nell’episcopato
Carissimo fratello, con intenzione umile e benevola tu mi rimproveri di aver voluto
sottrarmi al peso della cura pastorale cercando di nascondermi, ma perché non sembri a
certuni che tale peso sia leggero, intendo scrivere in questo libro tutto quello che penso
della sua gravità, affinché chi è libero da esso non vi aspiri con leggerezza, e chi vi ha
aspirato con leggerezza abbia gran timore di averlo ottenuto.
La materia trattata in questo libro si divide in quattro parti, per accostare l’animo del
lettore con ordinate argomentazioni, come i passi successivi di un cammino. Infatti
occorre che chiunque sia chiamato al più alto grado del governo pastorale — quando gli
eventi storici lo richiedono — valuti seriamente come vi giunge; e se vi giunge
legittimamente consideri qual è la sua vita; e se la sua vita è buona, qual è il suo
insegnamento; e se il suo insegnamento è corretto, egli deve essere quotidianamente
consapevole, con ogni possibile considerazione, della propria debolezza; e così non
avvenga che o la sua umiltà lo sottragga dall’accedere alla dignità o la sua condotta di
vita contrasti con essa; la sua dottrina si allontani da una buona condotta di vita o la
presunzione gli faccia esaltare la propria dottrina. Quindi innanzitutto sia il timore a
moderare il desiderio; poi sia la condotta di vita a confermare un magistero che viene
assunto da chi non lo cercava; quindi è necessario che quanto di bene si manifesta nel
modo di vivere del Pastore si diffonda anche attraverso la sua parola. Resta infine che la
considerazione della propria debolezza abbassi ai suoi occhi il valore di ogni opera
buona che egli compie, affinché la gonfiezza dell’esaltazione non la cancelli agli occhi
del Giudice occulto.
Molti però, che sono simili a me per ignoranza, mentre non sanno misurare se stessi,
bramano di insegnare ciò che non hanno imparato e tanto più giudicano leggero il peso
del magistero, quanto meno sanno valutarne la grandezza. Costoro si sentano biasimati
fin dal principio di questo libro e poiché, indotti e precipitosi come sono, mirano ad
occupare la rocca della dottrina, siano respinti dalla temerarietà della loro precipitazione
fin dalla soglia del nostro discorso.