Page 4 - La Menzogna
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la cosa che crede, sebbene non nutra dubbi di sorta sulla cosa che sente di non conoscere,
se in essa crede con assoluta certezza. Viceversa, chi su qualcosa fa supposizioni ritiene
di conoscere una cosa che invece non conosce. Ad ogni modo, chi afferma una cosa che
nel suo animo o crede o suppone, anche se la cosa in sé è falsa, egli non dice una
menzogna. Infatti nel suo parlare asserisce ciò che ha nell’animo e lo asserisce
adeguandosi alla sua convinzione, e di fatto considera le cose come egli afferma. Ma
anche se non mentisce, non è esente da colpa, se presta fede a cose da non credersi o se
pensa di conoscere le cose che viceversa non conosce, anche se si tratta di cose in sé vere.
Egli infatti ritiene di conoscere ciò che invece non conosce. mentisce poi sicuramente
colui che nell’animo ha una cosa mentre a parole o con qualsiasi mezzo espressivo ne
dice un’altra. Per questo, si suol dire che il bugiardo è doppio di cuore, cioè ha due
[diversi] pensieri: uno quello che sa o ritiene come vero ma non ne parla, l’altro quello
che invece del precedente proferisce con le labbra sapendo o congetturando che è falso.
Ne segue che uno, senza mentire, può affermare una cosa falsa, inquanto crede che le cose
stiano proprio come egli dice, sebbene di fatto non stiano così. Parimenti può accadere
che uno, pur mentendo, dica la verità: come quando uno crede falsa una cosa che egli
afferma essere vera, sebbene effettivamente le cose stiano com’egli asserisce. Riteniamo
infatti che una persona sia sincera o bugiarda in base al giudizio della sua mente e non in
base alla verità o falsità della cosa in sé. Pertanto di uno che dice il falso in luogo del vero,
in quanto lo ritiene effettivamente vero, possiamo dire che sia nell’errore o magari che sia
un illuso, ma non che sia un mentitore. Nel suo parlare infatti egli non ha in cuore la
doppiezza e non intende imbrogliare ma è vittima dell’inganno. La colpa del mentitore sta
invece nel desiderio di ingannare, quando dichiara il suo animo, sia che riesca a
ingannare, perché si crede alla sua falsa dichiarazione, sia che di fatto non inganni, vuoi
perché non gli si crede, vuoi, nel caso che con il desiderio di ingannare dica vero, ciò che
non crede vero. In questo caso egli non inganna chi gli crede, sebbene abbia avuto
intenzione d’ingannarlo, a meno che nel mentire non arrivi al punto di fargli credere che
lui stesso conosce od opina secondo quel che dice a parole.
3. 4. A questo punto ci si potrebbe chiedere (ma si tratta d’una questione quanto mai
sottile!) se quando manca l’intenzione di trarre in inganno, manchi del tutto anche la
menzogna.
Chi mente?, colui che asserisce il falso con l’intento di non ingannare o colui che dice il vero con il
proposito di ingannare?
4. 4. Che diremo infatti di uno che dice il falso su una cosa che ritiene falsa ed egli si
comporta così proprio perché ritiene che non gli si presterà fede e col far ciò voglia tener
lontano da false conclusioni il suo interlocutore, che peraltro sa per nulla disposto a
credergli? Se è menzogna affermare una cosa di cui si sa o si suppone che sia diversa,
costui mente, sia pur senza l’intenzione di trarre in inganno. Se invece non si dà
menzogna se non quando si afferma una cosa con l’intenzione di ingannare, non
commette menzogna colui che, pur sapendo o pensando che la cosa asserita è falsa, dice il
falso senza il proposito d’ingannare la persona con cui parla. Egli infatti sa che l’altro non
gli presterà fede, e parla così proprio perché sa o congettura che l’altro non crede alle sue
parole. Può dunque risultare con chiarezza, almeno in linea dei possibili, che ci sia chi
dice il falso per non trarre in inganno il suo interlocutore, e che viceversa ci sia qualche
soggetto che dica la verità con l’intenzione d’ingannare. Così, uno che dice la verità
perché è convinto che la gente non gli crede, se dice la verità lo fa certo per ingannare:
Agostino – Menzogna pag. 2 di 30