Page 4 - Il Maestro
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perplesso il fatto che per pregare si usa il linguaggio. Ora è assurdo
pensare che noi insegniamo o facciamo rievocare un qualche cosa a
Dio.
Ag. - Tu non sai, come devo supporre, che il motivo per cui ci è stato
comandato di pregare nelle nostre camere chiuse 1, quasi ad indicare
l'intimità dell'anima, è perché Dio non vuole che mediante la nostra
parola gli si insegni o gli si faccia rievocare qualche cosa per accordarci
ciò che desideriamo. Chi parla esprime esteriormente, mediante un suono
articolato un segno della propria intenzione. Ma Dio deve essere cercato e
pregato nel recesso dello spirito che si chiama appunto l'uomo interiore.
Egli ha voluto che questo sia il suo tempio. Non hai letto nell'Apostolo:
" Non sapete che siete il tempio di Dio e che lo spirito di Dio abita in voi "2; e
ancora: " che Cristo abita nell'uomo interiore"3? E non hai notato nel
Profeta: " Parlate nel vostro cuore ed esaminatevi nel vostro giaciglio, sacrificate
il sacrificio della giustizia e sperate nel Signore "4? E dove, secondo te, si può
sacrificare il sacrificio della giustizia se non nel tempio della mente e nel
giaciglio del cuore? Ma dove si deve sacrificare, si deve anche pregare.
Quindi non v'è bisogno nella preghiera del linguaggio, cioè di parole che
suonano. Si eccettua il caso di dover esprimere il proprio pensiero, come
fanno appunto i sacerdoti, non perché Dio ascolti, ma ascoltino gli uomini
e, seguendo col pensiero suscitato dalle parole, si rivolgano a Dio. La
pensi diversamente?
Ad. - Son pienamente d'accordo.
Ag. - Ma non ti
turba il fatto che il sommo Maestro, quando insegnò a pregare ai
discepoli 5, insegnò determinate parole? Sembra proprio che non volesse
indicare altro se non il modo con cui si deve parlare nella preghiera.
Ad. -
Non mi turba affatto. Non insegnò loro le parole ma, mediante le parole, i
significati con cui si ricordassero a chi e che cosa si deve chiedere nella
preghiera, quando pregavano nel recesso della mente, come è stato
detto.
Ag. - Hai compreso bene. Avverti anche, come penso, che, sebbene
qualcuno possa negarlo, pur non proferendo suoni, si parla interiormente
nel pensiero per il fatto che si pensano le parole. Anche in questo caso con
il linguaggio non si fa altro che richiamare, nell'atto che la memoria, in
cui le parole sono impresse, rievocandole fa venire in mente gli oggetti
stessi di cui le parole sono segni.
Ad. - Comprendo e son d'accordo.
Parole e segni.
2. 3. Ag. - Risulta dunque dal nostro dialogo che le parole sono segni.
Ad.
- Sì.
Ag. - E se il segno non significasse qualche cosa può esser
segno?
Ad. - No.
Ag. - Quante parole sono in questo verso: