Page 3 - Il Maestro
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Agostino


                                                    IL MAESTRO


                                           Linguaggio e segni (1, 1 - 7, 20)



                  Parola, insegnamento e rievocazione.


                  1.  1.  Agostino  -  Che  cosa  s'intende  ottenere,  secondo  te,  quando  si
                  parla?
Adeodato  -  Per  quanto  ora  ho  in  mente,  o  insegnare  o

                  apprendere.
Ag. - M'è evidente il primo dei due casi, e son d'accordo. È
                  chiaro che parlando s'intende  insegnare. Ma apprendere  come?
Ad. - E
                  come, secondo te, se non dialogando?
Ag. - Ma anche allora, per quanto
                  ne so io, s'intende soltanto insegnare. Ti chiedo appunto se dialoghi per
                  un  motivo  diverso  da  quello  d'insegnare  il  tuo  pensiero  all'altro
                  dialogante.
Ad. - È vero.
Ag. - È evidente dunque per te che con la parola
                  s'intende  soltanto  insegnare.
Ad.  -  No,  non  m'è  del  tutto  evidente.  Se
                  infatti parlare non è altro che proferir parole, a mio avviso, anche quando
                  si canta, si compie quell'atto. Ma poiché spesso si canta da soli, senza che
                  sia presente qualcuno che apprenda, non penso che s'intende insegnare
                  qualche cosa.
Ag. - Io invece penso che v'è un genere d'insegnamento per
                  rievocazione,  e  importante  certamente.  Il  fatto  stesso  lo  dimostrerà
                  durante questo nostro discorso. Ma se tu non ammetti che si apprende col
                  rievocare  e  che  non  insegna  anche  chi  stimola  alla  rievocazione,  non  ti
                  faccio  obiezioni.  Stabilisco  comunque  fin  d'ora  due  ragioni  del
                  linguaggio, o per insegnare o per stimolare alla rievocazione gli altri o noi

                  stessi. Lo facciamo anche quando cantiamo; non  ti pare?
Ad. - Non del
                  tutto. È piuttosto raro che io canti per rievocare, ma soltanto per diletto
                  estetico.
Ag. - Capisco il tuo pensiero. Ma non rifletti che ciò che nel canto
                  dà  diletto  estetico  è  una  misura  ritmica  del  suono.  Essa  può  essere
                  aggiunta o sottratta alle parole; quindi altro è parlare ed altro è cantare. Si
                  canta  col  flauto  e  la  cetra,  cantano  gli  uccelli  ed  anche  noi  talora
                  moduliamo senza parole una sequenza musicale. E questo suono si può
                  considerare canto, ma non discorso. Hai da obiettare?
Ad. - No, proprio
                  nulla.


                  Linguaggio e preghiera.


                  1. 2. Ag. - Non ti sembra dunque che il linguaggio è stato istituito soltanto

                  o per insegnare o per far rievocare?
Ad. - Lo riterrei se non mi rendesse
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