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RACCONTI DI UN PELLEGRINO RUSSO

                                            Se tu non capisci la parola di Dio
                                   i diavoli però capiscono quel che tu leggi e tremano



                   "Racconti di un pellegrino russo" furono stampati la prima volta a Kazan nel 1881; oggi sono già divenuti il libro
                  più conosciuto e diffuso della spiritualità russa. Tradotti in tedesco dopo la guerra del 1914, hanno avuto da allora
                  un’altra  traduzione  in  tedesco,  due  traduzioni  in  francese,  traduzioni  in  inglese…  oggi  hanno  la  traduzione  in
                  italiano.  La  immediatezza  del  loro  linguaggio  parlato,  il  procedere  confuso  della  narrazione,  l’assenza  di  ogni
                  ombra  di  letteratura  e  insieme  la  ricchezza  delle  scene  e  delle  osservazioni,  la  ingenuità  fresca  e  saporosa  del
                  racconto, la vivacità popolare, la sincerità della testimonianza di una esperienza rara di vita mistica, la pienezza di
                  gioia che tutto lo pervade e l’illumina, fanno di questo libro un libro forse unico in tutte le lingue del mondo. Si tratta
                  di  un  libro  delizioso  che  racconta,  in  quattro  relazioni  fatte  al  padre  spirituale,  i  pellegrinaggi  di  uno  strannik
                  attraverso l’immensità della steppa e la campagna siberiana. È certo che il documento più prezioso e interessante
                  della religiosità popolare russa di un tempo che sembra ormai remoto. Chi scrive, e sembra davvero che parli tanta è
                  la freschezza e la vivacità del racconto, è un paesano della Russia centrale che si è consacrato alla vita ascetica del
                  pellegrinaggio, così frequente e caratteristica nella russia di allora: tutti i romanzi di Tolstoj, di Dostojeswsky, di
                  Turghenev, di Ljeskov conoscono questi tipi di pellegrini. Il vocabolario, la sintassi, le immagini sono quelle di un
                  mugik,  ma  il  libro  anche  se  non  ha  pretese  letterarie,  è  ritenuto  ormai  un  classico  della  letteratura.  Avventure
                  succedono ad avventure, incontri a incontri: in poche pagine il pellegrino ci dà un quadro quasi completo e perfetto
                  – anche se un po’ idealizzato – della Russia di un secolo fa: briganti e soldati, guardaboschi sperduti nel deserto
                  delle immense foreste siberiane, scrivani increduli e motteggiatori, ragazze che fuggono alla vigilia del matrimonio,
                  giudici ubriachi, polacchi cattolici, contadini, signori ospitali, nobili, pii sacerdoti, monache… Il pellegrino nelle sue
                  soste ora fa l’eremita col guardaboschi, ora, col sagrestano in una piccola cappella, fa la lettura della Filocalia ai
                  devoti, ora insegna a scrivere al figlio di un contadino. Derubato dai briganti, viene giudicato poi come seduttore di
                  ragazze;  per  alcuni  è  un  matto,  altri  lo  ritengono  un  santo  e  un  taumaturgo.  Viene  bastonato,  cade  nell’acqua
                  ghiacciata, si sperde nelle foreste, è tentato da una donna: attraverso tutti i suoi casi, egli continua a lodare Dio e il
                  suo cuore trabocca di una gioia senza fine. È uno dei più grandi libri di avventure: fantastico, vario, avvincente e,
                  quello che più conta, vero. Libro strano, senza riscontro, di cui non sai dire con precisione né dove, né quando fu
                  scritto, né che l’abbia composto. Quanto raccogliamo dalla lettura è tuttavia sufficiente a determinare pressappoco
                  la  data  della  sua  composizione.  Sembra  di  dover  fissare  questo  tempo  fra  la  guerra  di  Crimea  1853-54  e  la
                  liberazione dei servi avvenuta nel 1862. Ma questo tempo non ci direbbe piuttosto l’epoca nella quale sarebbero
                  avvenute le peregrinazioni del nostro strannik, invece che la data della composizione del libro? Il libro infatti da una
                  parte reca le tracce dell’epoca di Alessandro I (primi decenni dell’ottocento) e forse del romanticismo occidentale,
                  dall’altra ha caratteristiche che sembrano proprie invece degli scritti monastici russi degli ultimi decenni del secolo
                  scorso. La medesima incertezza riguardo al luogo. Il libro fu stampato la prima volta a Kazan nel 1881 da Paissio,
                  abate del monastero di S. Michele Arcangelo, il quale aveva ricopiato un manoscritto veduto molti anni prima in un
                  monastero  del  Monte  Athos;  d’altra  parte  sembra  che  il  manoscritto  l’abbia  avuto  fra  mano  il  celebre  starets
                  Ambrogio di Optina verso il 1860 e fosse di proprietà di un asua penitente. Lo starets Ambrogio credeva anzi di aver
                  conosciuto l’autore delle  relazioni:  un  certo  mercante  Nemytov che  era  stato discepolo per  qualche  tempo  dello
                  starets Macario di Optina.




                                                PRIMO RACCONTO



                  Pregate senza posa


                  Per grazia di Dio io sono un uomo e cristiano, per azioni gran peccatore, per vocazione
                  un pellegrino senza terra della specie più misera, sempre in giro di paese in paese. Per
                  ricchezza ho sulle spalle un sacco con un po’ di pane secco, nel mio camiciotto la santa
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