Page 4 - La vera religione
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Se la cosa  pareva loro esecrabile, dovevano cambiare giudizio e cercare
                  l’unico Dio che, come sappiamo, è il solo ad essere sopra le nostre menti ed è
                  colui dal quale è stata creata ogni anima e questo mondo nella sua totalità. In
                  seguito, di queste cose scrisse anche Platone, ma in modo più piacevole a
                  leggersi che efficace a persuadere. Questi, come Socrate, invero non era nato
                  per far passare i popoli dalla superstizione degli idoli e dalla vanità di questo
                  mondo all’autentico culto del vero Dio. Socrate stesso, del resto, venerava gli
                  idoli insieme al popolo; eppure, dopo la sua condanna a morte, nessuno osò
                  più giurare su un cane o dare il nome di Giove ad una pietra: di queste cose
                  si tramandò soltanto il ricordo mediante gli scritti. Non spetta a me giudicare
                  se ciò sia stato fatto per timore di pena o per adattamento ai tempi.

                  Il Cristianesimo come vera religione e la sua diffusione universale.
                  3. 3. Posso tuttavia dire, con la massima sicurezza e con buona pace di tutti
                  coloro che amano ostinatamente i loro libri, che non si può dubitare, in
                  questi tempi segnati dal Cristianesimo, quale religione sia da preferire e
                  costituisca la via per la verità e la felicità. Se infatti Platone stesso fosse vivo e
                  non disdegnasse le mie domande o, piuttosto, se qualcuno dei suoi discepoli
                  l’avesse interrogato quando era ancora in vita, egli lo avrebbe persuaso che
                  la verità non si vede con gli occhi del corpo, ma con la mente pura; che
                  qualunque anima, che ad essa aderisca, diviene felice e perfetta; ma che nulla
                  le impedisce di coglierla più della vita dedita ai piaceri e delle false immagini
                  delle  cose sensibili, le quali, impresse in noi da questo mondo sensibile
                  attraverso il corpo, sono fonte di opinioni diverse e di errori. E che, perciò,
                  bisogna risanare l’animo perché possa fissare lo sguardo sull’immutabile
                  forma delle cose e sulla bellezza che si conserva sempre uguale e in ogni
                  aspetto simile a se stessa, non divisa dallo spazio né trasformata dal tempo,
                  unitaria e identica in ogni sua parte: una bellezza della cui esistenza gli
                  uomini  diffidano,  mentre  esiste  davvero  e  al  massimo  grado.  Inoltre,
                  l’avrebbe  persuaso  che  tutte  le  altre  cose  nascono,  muoiono,  scorrono,
                  svaniscono, ma tuttavia, in quanto sono, sussistono create dall’eterno Dio
                  mediante la sua verità; e che, fra queste cose, soltanto all’anima razionale e
                  intellettuale  è  stato  concesso  di  godere  della  contemplazione  della  sua
                  eternità, di ornarsene e di poter meritare la vita eterna. Gli avrebbe fatto
                  presente anche che, finché è presa dall’amore e dal dolore per le cose che
                  nascono e passano e, dedita alle consuetudini di questa vita e ai sensi del
                  corpo, si perde dietro a vuote immagini, essa irride a chi afferma che vi è
                  qualcosa che non può né essere visto con questi occhi né essere pensato
                  mediante immagini, ma che può essere percepito soltanto dalla mente e
                  dall’intelligenza.  Qualora  dunque  quel  discepolo,  mentre  il  maestro  lo
                  persuade di queste cose, gli domandasse - nel caso in cui esista un uomo
                  grande e divino che riesca a convincere i popoli per lo meno a credere tali
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