Page 38 - La natura del corpo e dell'anima
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118.  Infatti,  creata  a  immagine  di  Dio  e  per  vederlo,  quando  avrebbe  dovuto
                  cominciare a gustarlo allora ha cominciato a perderne il senso. Allontanatasi dal
                  volto del Signore, come ha fatto Caino, abita nella regione della dissimiglianza,
                  nella terra di Naim, vale a dire della “commozione”.
                  Bandita dalla virtù si sottomette ai vizi; resasi estranea alla pace dei figli di Dio,
                  tumultua in se stessa; si dà alla malizia, corrompendo le sue capacità naturali
                  nella  depravazione  e  nell’astuzia,  alla  lussuria,  immergendosi  in  modo
                  vergognoso nelle lusinghe animalesche dei sensi. Diviene «come il cavallo e il
                  mulo, che non hanno intelletto», accorta soltanto nel fare il male, incapace di
                  fare il bene. Non ha cura alcuna di sé, alcuna memoria di Dio. 119. Così che si
                  angustia  in  modo  vergognoso  per  le  sue  passioni,  delle  quali  miseramente
                  abusa; teme soltanto ciò che riesce sgradevole ai sensi, gioisce soltanto quando
                  ciò che la lusinga è a portata di mano, soffre soltanto quando questo le è tolto:
                  simile in tutto a una bestia, a un animale, salvo che, come sopra si è detto, in
                  questi è natura ciò che nell’anima umana è vizio.
                  Praticando  di  continuo  il  male,  è  talvolta  così  abbrutita  da  un  eccesso  di
                  rilassatezza  da  divenire  in  qualche  modo  anch’essa  impassibile  e  insensibile.
                  Spinta da una depravazione che non conosce misura, non rifugge dal sottoporre
                  la sua carne alle prove pii dure e aspre pur di servire alla propria corruzione:
                  all’avarizia,  «alla  concupiscenza  della  carne  e  degli  occhi»,  all’ambizione  del
                  mondo.

                  120. Cosi vive finché è racchiusa nel sepolcro del corpo. Ma quando ne è tratta
                  fuori,  essa  quasi  muore  totalmente  assieme  al  suo  corpo,  come  accade  agli
                  animali bruti, ai quali si è resa simile. Benché sia venuta del tutto meno in essa
                  quella  vini  essenziale,  di  cui  la  Sapienza  dice:  «Temi  Dio,  e  osserva  i  suoi
                  comandamenti,  poiché  questo  è  tutto  l’uomo»,  il  giustissimo  giudizio  di  Dio
                  non permette però che muoia totalmente. Le è conservata la capacità di sentire,
                  limitata soltanto al dolore. Esclusa da ogni gioia, resa estranea a ogni speranza,
                  non ha alcun timore  del  dolore,  ma è  consegnata  tutta al dolore. Certamente
                  qualcosa  di  vivo  e  capace  di  dare  la  vita  resta  in  essa,  poiché  essa  vive;  ma
                  soltanto per soffrire. Può sentire per poter essere punita e tormentata, può dare
                  la vita per poter vivificare di nuovo il corpo, per essere tormentata per sempre
                  con esso, con il quale avrebbe voluto peccare sempre, se le fosse stato concesso.

                  121.  Quanto  meglio  sarebbe  stato  per  essa  se  fosse  morta  davvero  con  il  suo
                  corpo,  come  l’anima  del  bruto,  così  da  non  venir  punita  in  eterno!  E  questa
                  differenza fra l’anima beata e quella miserabile è opera soltanto della differenza
                  dell’amore. Nella prima l’amore conforme a natura conserva e mantiene la sua
                  dignità  naturale,  nella  seconda  invece  degenera  nell’animalità  bestiale  della
                  carne.
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