Page 25 - Il lavoro dei monaci
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è oggetto alla corruzione a seguito di passioni ingannatrici. Rinnovatevi nello spirito, nella vostra mente,
e rivestite l’uomo nuovo creato a immagine di Dio. Che dire? Forse che le donne non conseguono il
rinnovamento dello spirito dov’è l’immagine di Dio? Chi oserebbe asserire una tal cosa? Eppure esse,
configurate come sono nella loro sessualità, non sono in grado di simboleggiare questa immagine di Dio e
per questo si prescrive loro di coprirsi con il velo. Con quell’insieme di fattori che le costituisce donne,
infatti, esse raffigurano piuttosto quella parte del composto umano che potrebbe essere chiamata
concupiscibile, cioè quella su cui lo spirito esercita il suo dominio: quello spirito che, quando la vita è
sommamente perfetta e ordinata, sta a sua volta soggetto a Dio. Per tal modo, quello che in un unico
individuo sono lo spirito e la concupiscenza (lo spirito controlla, la concupiscenza viene controllata; lo
spirito comanda, la concupiscenza sta soggetta), questa duplice realtà, se la si sdoppia in due persone,
viene simbolicamente rappresentata nell’uomo e nella donna, secondo l’affinità che ognuno dei due
soggetti ha col sesso o maschile o femminile. È in rapporto a questi valori simbolici che l’Apostolo
comanda all’uomo di non coprirsi il capo con il velo, mentre alla donna ordina di velarsi. Poiché lo spirito
è tanto più in grado di compiere progressi verso realtà superiori quanto maggiore è la cura con cui si
sottraggono gli appetiti della sensibilità al dominio delle realtà inferiori. Fino al giorno in cui tutto
l’uomo, compreso il corpo adesso mortale e fragile, sarà rivestito d’incorruzione e d’immortalità, come
accadrà nella risurrezione finale, quando la morte verrà assorbita nella vittoria.
Monito a certi ingenui che inconsapevolmente favoreggiano i perversi. Commiato.
33. 41. Dopo il fin qui detto, coloro che non vogliono agire con rettitudine, almeno se la smettano dallo
spargere dottrine false e nocive. Ma coloro che intendiamo riprendere con le nostre parole sono altri, cioè
coloro che hanno l’unico difetto di farsi spiovere sulle spalle i loro capelli, in contrasto con quanto
prescrive l’Apostolo, e con questo danneggiano la Chiesa e vi creano del disordine. Succede infatti che,
fra quanti li osservano, alcuni, non osando sospettar male di loro, si sentano costretti a interpretare
falsamente le parole dell’Apostolo, per quanto siano chiare e inequivocabili; mentre altri preferiscono
sostenere una esatta interpretazione della Scrittura anziché adulare gli uomini, quali che essi siano. Ne
segue che tra i fratelli impreparati e inesperti e quelli più provetti vengano a crearsi dissensi accaniti e
pericolose discordie: le quali conseguenze, se fossero da costoro conosciute, si farebbero senz’altro
premura d’emendarsi, essendo gente che per il resto della loro condotta ammiriamo e riteniamo degna del
nostro amore. Costoro dunque noi non li sgridiamo ma in nome di Cristo, Dio e uomo, e per l’amore dello
Spirito Santo li preghiamo e scongiuriamo affinché non vogliano più porre una tal pietra d’inciampo sulla
via dei più deboli, per i quali il nostro Signore Gesù Cristo è morto; né vogliano accrescere il dolore e
l’angustia del nostro cuore: di noi, dico, che ben sappiamo con quanta facilità possa una tale consuetudine
riprovevole essere imitata dai cattivi allo scopo di gabbare il prossimo, se riscontrano la cosa anche in
coloro che per tante altre buone doti si sia costretti a onorare con i riguardi imposti dall’amore cristiano.
Che se, dopo questo nostro richiamo o, meglio, supplica, essi giudicheranno bene proseguire nella
condotta di prima, noi non avremo da far altro se non dolercene e piangerne. Che essi lo sappiano!, e ciò
sarà sufficiente: se sono servi di Dio si muoveranno a compassione di noi. Se poi una tal compassione non
la sentono, io non voglio pronunziare su di loro giudizi troppo severi. Qualora le cose che ti ho esposte
(forse con più abbondanza di parole di quel che consentissero e le mie e le tue occupazioni) incontreranno
il tuo consenso e gradimento, vedi di portarle a conoscenza dei nostri fratelli e figli, per il cui bene ti sei
degnato d’impormi l’incarico dell’opera. Se poi riterrai di dover correggere o emendare qualcosa, me lo
farai sapere nella risposta che tu, beatissimo padre, vorrai inviarmi.
Agostino – Il lavoro dei monaci pag. 23 di 23