Page 4 - Teologia Mistica
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affermazione, è anche al di sopra delle privazioni.
III. Per questo dunque il divino Bartolomeo dice che la teologia è < nello
stesso tempo > diffusa e brevissima, e che il Vangelo è vasto e grande e nello stesso
tempo conciso. A mio parere, questo è stato il suo pensiero soprannaturale: la buona
causa universale è insieme di molte parole, di poche parole e addirittura muta,
giacché ad essa non si possono applicare nessun discorso e nessun pensiero: essa
trascende infatti in maniera sovraessenziale tutte le cose, e si rivela senza veli e
veracemente solo a coloro che, dopo avere attraversato tutte le cose impure e pure,
dopo essersi lasciata dietro ogni ascesa che porta alle sante vette, e dopo avere
abbandonato tutte le luci, tutti i suoni e tutte le parole celesti, penetrano nella
tenebra dove veramente si trova, come affermano gli oracoli, colui che è al di sopra
di tutto. Non senza ragione il divino Mosè riceve innanzitutto l’ordine di purificarsi
e poi quello di separarsi da coloro che non sono puri; dopo essersi del tutto
purificato, sente il molteplice suono delle trombe, e vede molte luci, irradianti raggi
puri e diffusi; quindi si separa dalla moltitudine, ed assieme ai sacerdoti scelti
procede verso la sommità della divina ascesa. Ma anche a questo punto non si trova
assieme a Dio: ciò che contempla, non è Lui (Egli è incontemplabile), ma il luogo in
cui si trova. A mio avviso, tutto questo significa che le cose più divine e più alte tra
quelle visibili e pensabili sono soltanto parole che suggeriscono < alla mente > le
realtà che rimangono sottoposte a colui che tutto trascende e che rivelano la sua
presenza superiore ad ogni, pensiero, situata al disopra delle vette intellegibili dei
suoi luoghi più santi. Allora egli si distacca da ciò che è visibile e da coloro che
vedono, e penetra nella tenebra veramente mistica dell’ignoranza. Rimanendo in
essa, chiude ogni percezione conoscitiva ed entra in Colui che è del tutto intoccabile
ed invisibile: < allora > appartiene veramente a Colui che tutto trascende, senza
essere più di nessuno, né di se stesso né di altri; fatta cessare ogni conoscenza, si
unisce al principio del tutto sconosciuto secondo il meglio < delle sue capacità >, e
proprio perché non conosce più nulla, conosce al di sopra dell’intelligenza.
CAPITOLO II
Come ci si deve unire alla causa universale e superiore a tutto, e come si devono levare ad essa
gl’inni di lode.
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