Page 6 - Deliberazioni dei primi padri
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Ci preparammo dunque con queste disposizioni interiori e prendemmo accordo che il
                  giorno dopo ci saremmo riuniti a discutere: ciascuno avrebbe espresso tutti i possibili
                  inconvenienti dell’obbedienza, tutte le motivazioni che si presentavano e che ciascuno
                  di noi aveva trovato per conto suo, riflettendo, meditando, pregando. In effetti ciascuno
                  a turno comunicò i risultati raggiunti. Così, ad esempio, uno diceva: sembra che questo
                  nome “religione” e “obbedienza” non goda presso il popolo cristiano quella stima che
                  dovrebbe avere, a motivo delle nostre infedeltà e dei nostri peccati.
                  Un altro diceva: se decidiamo di vivere in stato di obbedienza, forse il Sommo Pontefice
                  ci indurrà a vivere secondo un’altra regola già elaborata e stabilita, e così potrà accadere
                  che non avremo buona possibilità e modo di lavorare per la salvezza delle anime (unico
                  nostro  intento  dopo  l’attenzione  per  noi  stessi),  e  resteranno  frustrati  tutti  i  nostri
                  desideri che invece, a nostro avviso, sono graditi al Signore nostro Dio.
                  Un altro: se prestiamo obbedienza a qualcuno, pochi entreranno nella nostra Compagnia
                  per lavorare fedelmente nella vigna del Signore dove il raccolto è abbondante, ma pochi
                  sono i veri operai: è tale la debolezza e la fragilità umana che molti cercano il proprio
                  interesse  e  la  propria  volontà  più  che  non  gli  interessi  di  Gesù  Cristo  e  la  piena
                  abnegazione [...].

                  Il  giorno dopo discutevamo la tesi contraria, proponendo alla comune considerazione
                  tutti i vantaggi e i frutti dell’obbedienza che ciascuno aveva riconosciuto nell’orazione e
                  meditazione; e ciascuno, a turno, esponeva i risultati della sua riflessione, ora mostrando
                  le conseguenze negative della tesi opposta, ora con semplice e diretta dimostrazione.
                  così ad esempio:
                  uno rilevava questa conseguenza negativa e inaccettabile: se questo nostro gruppo senza
                  il giogo soave dell’obbedienza dovesse trattare degli affari, nessuno se ne occuperebbe
                  con impegno, ma uno cercherebbe di scaricare questo peso su un altro, come già spesso
                  abbiamo sperimentato.
                  Ancora:  se  il  gruppo  fosse  senza  l’obbedienza  non  potrebbe  conservarsi  e  durare  a
                  lungo.  E  questo  va  contro  la  nostra  idea  e  aspirazione  originaria  che  la  nostra
                  Compagnia  si  conservi  per  sempre.  E  poiché  nessun  mezzo  dà  stabilità  a  una
                  congregazione meglio dell’obbedienza, questa sembra a noi necessaria, soprattutto a noi
                  che abbiamo fatto voto di povertà perpetua e siamo sempre alle prese con assidue, anzi
                  continue attività non solo d’ordine spirituale, ma anche materiale, nelle quali ultime la
                  Compagnia ha minore fondamento della propria conservazione.
                  Un  altro  esprimeva  i  seguenti  motivi  positivi:  l’obbedienza  genera  azioni  e  virtù
                  eroiche,  anche  continue.  Infatti  chi  vive  seriamente  nell’obbedienza  è  prontissimo  a
                  eseguire qualunque cosa gli venga comandata, fosse pure molto ardua, o tale da restarne
                  umiliati o derisi, da divenire per tutti oggetto di divertimento; come se, ad esempio, mi
                  si comandasse di camminare per le strade e le piazze nudo o con abiti strani; questo è
                  bene  che  non  sia  mai  comandato,  ma  quando  uno  è  ben  disposto  anche  a  questo,
                  rinnegando interamente il giudizio e la volontà propria, è sempre nella disposizione di
                  atti eroici e tali che accrescono il merito.
                  Ancora:  niente  demolisce  e  vince  la  superbia  e  la  presunzione  quanto  l’obbedienza;
                  perché  il  superbo  annette  grande  importanza  a  seguire  il  proprio  parere  e  a  fare  la
                  propria volontà senza cedere a nessuno, a muoversi a quegli alti livelli che procurano
                  ammirazione,  superiori  alle  proprie  capacità.  L’obbedienza  invece  contrasta
                  diametralmente  tutto  questo:  si  adegua  sempre  al  giudizio  degli  altri,  si  sottomette
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