Page 6 - La Regola
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5. 5. Anche la lozione del corpo, quand’è necessaria per ragioni di malattia, non si deve mai negare, ma si
                  faccia su prescrizione medica e senza critiche; per cui, anche contro la propria volontà, al comando del
                  superiore il malato faccia quanto si deve fare per la salute. Se invece lui lo vuole e può risultargli dannoso,
                  non accondiscenda al suo desiderio: talvolta ciò che piace è ritenuto utile anche se nuoce.

                  5. 6. Infine, trattandosi di sofferenze fisiche nascoste, si dovrà credere senza esitazioni al servo di Dio che
                  manifesta la propria indisposizione. Si consulti però il medico, se non si è certi che per guarirlo giova ciò
                  che gli piace.

                  5. 7. Ai bagni o dovunque sarà necessario andare, non si vada in meno di due o tre. E chi ha necessità di
                  portarsi in qualche luogo, dovrà andarvi non con chi vuole ma con chi gli sarà indicato dal superiore.

                  5.  8.  La  cura  degli  ammalati,  dei  convalescenti  e  degli  altri  che  anche  senza  febbre  soffrono  qualche
                  indisposizione, sia affidata ad uno solo, che ritiri personalmente dalla dispensa quel che avrà giudicato
                  necessario a ciascuno.

                  5. 9. I custodi della dispensa, del guardaroba e della biblioteca servano con animo sereno i loro fratelli.
                  5. 10. I libri si chiedano giorno per giorno alle ore stabilite; e non si diano a che li chiederà fuori orario.

                  5. 11. Ma vesti e calzature, quando sono necessarie a chi ne è privo, senza indugio da chi le ha in custodia
                  vengano date a chi le chiede.
                  Il condono delle offese.

                  6. 1. Liti non abbiatene mai, o troncatele al più presto; altrimenti l’ira diventa odio e trasforma una paglia
                  in trave  e rende l’anima omicida. Così infatti leggete: Chi odia il proprio fratello è un omicida.

                  6. 2. Chiunque avrà offeso un altro con insolenze o maldicenze o anche rinfacciando una colpa, si ricordi
                  di riparare al più presto il suo atto. E a sua volta l’offeso perdoni anche lui senza dispute. In caso di offesa
                  reciproca, anche il perdono dovrà essere reciproco, grazie alle vostre preghiere  che quanto più frequenti
                  tanto più dovranno essere sincere. Tuttavia chi, pur tentato spesso dall’ira,  è però sollecito a impetrare
                  perdono  da  chi  riconosce  d’aver  offeso,  è  certamente  migliore  di  chi  si  adira  più  raramente  ma  più
                  difficilmente si piega a chiedere perdono. Chi poi si rifiuta sempre di chiederlo o non lo chiede di cuore,
                  sta  nel  monastero  senza  ragione  alcuna,  benché  non  ne  sia  espulso.  Astenetevi  pertanto  dalle  parole
                  offensive; ma se vi fossero uscite di bocca, non vi rincresca di trarre rimedi da quella stessa bocca che
                  diede origine alle ferite.

                  6. 3. Quando però per esigenze di disciplina siete indotti a usare parole dure nel correggere gli inferiori,
                  non si esige da voi che ne chiediate perdono, anche se avvertite di aver ecceduto: per salvare un’umiltà
                  sovrabbondante non si può spezzare il prestigio dell’autorità presso chi deve starvi soggetto. Bisogna però
                  chiederne  perdono  al  Signore  di  tutti,  che  sa  con  quanta  benevolenza  amiate  anche  coloro  che  forse
                  rimproverate più del giusto. L’amore tra voi, però, non sia carnale, ma spirituale.

                  Spirito dell’autorità e dell’obbedienza.

                  7. 1. Si obbedisca al superiore come ad un padre, col dovuto onore per non offendere Dio nella persona di
                  lui. Ancor più si obbedisca al presbitero che ha cura di tutti voi.

                  7. 2. Sarà compito speciale del superiore far osservare tutte queste norme; non trascuri per negligenza le
                  eventuali  inosservanze  ma  vi  ponga  rimedio  con  la  correzione.  Rimetta  invece  al  presbitero,  più
                  autorevole su di voi, ciò che supera la sua competenza o le sue forze.

                  7. 3. Colui che vi presiede non si stimi felice perché domina col potere ma perché serve con la carità.
                  Davanti a voi sia tenuto in alto per l’onore; davanti a Dio si prostri per timore ai vostri piedi. Si offra a
                  tutti come esempio di buone opere, moderi i turbolenti, incoraggi i timidi, sostenga i deboli, sia paziente
                  con tutti. Mantenga con amore la disciplina, la imponga con rispetto; e, sebbene siano cose necessarie
                  entrambe,  tuttavia  preferisca  piuttosto  essere  amato  che  temuto,  riflettendo  continuamente  che  dovrà
                  rendere conto di voi a Dio.

                  7. 4. Perciò, obbedendo maggiormente, mostrerete pietà non solo di voi stessi ma anche di lui, che si trova




                  Agostino – Regola                                                            pag. 4 di 5
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