Page 18 - Massime di Perfezione Cristiana
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2.  Iddio  dee  averlo  sempre  presente,  per  adorarne  la  grandezza;  e  dee
                  aver sempre presente se stesso, per sempre più penetrarne la infermità e
                  la nichilità.
                  3. Il Cristiano dee avere scritte nella mente le ragioni del suo nulla: prima
                  quelle  che  provano  il  nulla  di  tutte  le  cose;  poi  quelle  che  umiliano
                  specialmente l'uomo; in terzo luogo quelle che umiliano la sua persona.
                  4. Siccome egli è un atomo in paragone dell'universo, così è un nulla in
                  paragone di Dio, da cui solo viene tutto quello ch'egli ha di bene.
                  La colpa in cui è stato concepito, l'inclinazione al male che porta in sé, ed i
                  peccati de' quali si è egli stesso macchiato, il debbono persuadere di due
                  grandi verità: I - ch'egli non è capace di fare nessuna cosa di bene da sé
                  medesimo; II - che egli è capace non solo di tutto il male, ma è così labile,
                  che  può  mancare  ad  ogni  istante,  se  la  divina  misericordia  non  lo
                  soccorra:  di  che  egli  dee  mai  sempre,  secondo  il  detto  dell'Apostolo,
                  «operare con timore e tremore la propria salute» (Fil 2,12).
                  5.  La  prima  di  queste  due  grandi  verità  il  dee  persuadere  a  non
                  intraprendere cosa alcuna, non solo per quello che riguarda il mutamento
                  della propria condizione in questa vita, di  cui abbiamo innanzi parlato,
                  ma né pure per qualunque altro scopo, se non vi sia spinto dal conoscere
                  che  ciò  sia  la  divina  volontà.  Non  è  possibile  che  di  proprio  moto
                  intraprenda  cosa  alcuna  quell'uomo,  che  sinceramente  si  crede  di  ogni
                  bene incapace.
                  6. Nel che debbono trovarsi nel Cristiano due disposizioni, che sembrano
                  opposte,  ma  che pure stanno  insieme  armoniosamente: un grandissimo
                  zelo della gloria di Dio, e del ben del prossimo, con un sentimento che gli
                  dice di essere incapace di ogni bene, incapace di porre alcun rimedio ai
                  mali del mondo.
                  7. Egli perciò dee imitare l'umiltà di Mosè, il quale stentò tanto a credere
                  d'esser  egli  l'eletto  a  liberare  il  popolo  di  Dio,  e  a  Dio  medesimo  con
                  un'affettuosa  semplicità  e  confidenza  rispose  di  dispensarlo  da  quel
                  carico,  perché egli era balbuziente, e  lo  pregò invece di  mandare  Colui
                  che doveva essere mandato, cioè il promesso Messia: e ciò sebbene Mosè
                  fosse tanto pieno di zelo per la salute del popol suo.
                  Dee  il  Cristiano  meditare  e  imitare  del  continuo  la  profonda  umiltà  di
                  Maria  Vergine:  la  quale  noi  veggiamo  descritta  nelle  divine  Scritture
                  sempre in una quiete, in una pace, in un riposo continuo: di sua elezione
                  non  la  troviamo  che  in  una  vita  umile,  ritirata  e  silenziosa,  della  quale
                  nonviene cavata se non dalla voce stessa di Dio, o dai sensi di carità verso

                  la  sua  cognata  Elisabetta.  Misurando  a  giudizio  umano,  chi  potrebbe
                  credere, che della più perfetta di tutte le umane creature avessimo tanto
                  poco  nelle  divine  Scritture  raccontato?  Nessun'opera  da  lei  intrapresa:


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